Salerno Classica, appuntamento dedicato a Mozart venerdì 3 in Sala Pasolini

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Continua con appuntamenti serrati l’autunno di Salerno Classica, promossa dall’Associazione Gestione Musica, in collaborazione con il Teatro Pubblico Campano, la Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana, la Regione Campania e il Comune di Salerno, guidata dal cellista Francesco D’Arcangelo, in un’ottica di dinamicità, innovazione, esperienza e dialogo, che ha portato la direzione ad ottenere il finanziamento dal Fondo unico per lo Spettacolo per un triennio.

Sarà di scena domani, venerdì 3 novembre sul palcoscenico del Teatro Pasolini, alle ore 20,30, “La nota avvelenata” una indagine di Giacomo Fornari sulla morte di Wolfgang Amadeus Mozart. Vienna 5 dicembre 1791: muore a trentasei anni Wolfgang Amadeus Mozart.Da quel momento in poi, musicisti, storici e medici si sono cimentati nel cercare di scoprire la verità, senza però giungere a risposte definitive. Possiamo sommariamente raggruppare tutte le tesi in due grandi filoni: il primo, in cui si ritiene che l’artista fosse gravemente ammalato e cosciente della sua condizione, tanto da riconoscere, nelle sue ultime opere, il senso di malinconia ispirato dalla consapevolezza di una morte ormai prossima. E il secondo, in cui invece si sostiene che fino a circa due settimane prima, nessuno dei familiari e conoscenti dell’artista si sia accorto di una sua possibile malattia, tenendo anche conto che sarebbe stato assai difficile per lui nascondere una condizione di tale gravità. Quello che sappiamo per certo è che, dopo un intenso periodo produttivo, in cui creò opere divenute celebri come Die Zauberflote, La Clemenza di Tito e parti del Requiem, l’artista, morì improvvisamente e fu seppellito con inusitata rapidità lo stesso giorno del decesso, in una fossa comune di un cimitero tutt’oggi sconosciuto. Secondo alcuni storici fu la moglie dello stesso Mozart, Constanze, a raccontare che l’artista, alcuni giorni prima del decesso, era depresso e incapace di lavorare e che nell’occasione di una passeggiata al parco, le avrebbe confidato di essere prossimo alla morte.

“So che devo morire, qualcuno mi ha dato dell’acqua tofana (preparato a base di arsenico, creato dalla madre di Giulia Tofana, storica assassina seriale) “. Secondo quanto da lei riportato, la stessa persona avrebbe persino calcolato la data della morte e gli avrebbe commissionato il Requiem K626 (opera che fu effettivamente richiesta da persona ignota).

Ultima, mirabile opera, che ascolteremo nella versione Lichtenthal dall’Ensemble Meridies, composto da Selene Pedicini e Gennaro Minichiello, primi violini, Antonio Loffredo e Miriam Bisceglie secondi violini, Paolo di Lorenzo e Michele Coppola viole, Giovanna D’Amato e Francesco D’Arcangelo violoncelli e Marco Cornacchia al contrabbasso, con la partecipazione dell’attrice Nicole Millo.

Per quanto riguarda il Requiem mozartiano, Peter Lichtenthal non propose una sua rilettura, né un completamento, ma una libera trascrizione per Quartetto d’Archi, quindi una versione più “asciutta”, probabilmente nel rispetto dell’idea embrionale del compositore austriaco: come sappiamo l’opera, rimasta incompleta, fu sviluppata e portata a termine dall’allievo Sussmayr nel tentativo di interpretare le intenzioni del suo maestro. L’ Ensamble Meridies presenterà una versione più articolata di quella di Lichtenthal, adattandola ad un ensemble più ampio. “In cospetto del supremo momento della morte il diretto rapporto espressivo – scrive Roman Vlad – tra la dolorosa esperienza umana e la realtà sonora che nelle opere precedenti di Mozart era sovente messo come tra parentesi, acquista una tragica, immediata evidenza. Non era la prima volta che la meditazione sulla morte cui Mozart si abbandonava spesso fin dall’adolescenza, trovava un riflesso nella sua musica. Già nella Maurerìsche Trauermusik, scritta nel 1785 in occasione della morte di due fratelli massoni, un tale riflesso si concreta nel modo più diretto. Ma in quel lavoro lo sgomento della morte è attutito, se non dalla fede assoluta, da un senso di sublime, solenne, rassegnazione. Nel Requiem, invece, fin dell’«Exaudi » dell’Introito, la preghiera tende spesso a tramutarsi in ribellione assumendo così accenti di profonda drammaticità. Una drammaticità che risulta tanto più impressionante se la si proietta contro la sovrumana serenità che il genio trasfiguratore di Mozart era riuscito a realizzare in quasi tutte le sue musiche.

Le voci sul presunto avvelenamento cominciarono pochi giorni dopo la sua morte, alimentate anche dal comportamento bizzarro e provocatorio dell’artista che sempre aveva suscitato dicerie e pettegolezzi. Idea che divenne trama del dramma di Puskin “Mozart e Salieri”. Sappiamo che Mozart apparteneva all’Ordine degli Illuminati, una setta massonica che si ispirava apertamente all’ateismo. Nel 1791 a Vienna si dette inizio ad una forte repressione politica nei confronti della Massoneria. Il compositore poteva essere stato assassinato in un tale clima di repressione? Avremo mai la possibilità di accertarlo, dal momento che nulla fu fatto per conoscere la verità, nemmeno all’epoca dei fatti? Per quanto riguarda la teoria, meno seguita, della morte naturale, sappiamo che i medici diagnosticarono una febbre miliare acuta, la stessa che, secondo alcune fonti, lo avrebbe costretto a letto negli ultimi suoi giorni di vita. Situazione resa ancora più grave da una forma di nefrite, da cui sarebbe stato affetto. Egli sarebbe quindi deceduto per una serie di concause naturali combinate insieme: una malformazione congenita del tratto uretrale che avrebbe causato la nefrite, un’ epidemia diffusa in quel periodo a Vienna e poi i salassi prescritti dai medici, terapia che all’epoca aveva ucciso diversi malati non gravi. L’insufficienza renale, per lungo tempo latente, sarebbe giunta al suo stadio finale nel novembre 1791 , quando fu costretto a letto con gonfiori alle mani e ai piedi e l’epidemia che infuriava a Vienna a quel tempo avrebbe dato il colpo di grazia al debole corpo del malato. La malattia altamente infettiva fece si che le autorità viennesi ordinassero una sepoltura immediata in una fossa comune. L’alto rischio epidemico sarebbe stata quindi la causa di un seppellimento in tempi brevi, senza alcun cerimoniale, in una fossa comune sconosciuta? La suggestiva teoria della morte per omicidio, troverebbe le sue cause nell’ultimo periodo di vita di Mozart: si ritiene che egli avesse, negli ultimi anni di vita, una relazione segreta con Magdalena Hofdemel, sua allieva di pianoforte e moglie del funzionario di corte Franz Hofdemel, amico dell’artista. Dell’intrigo amoroso erano venuti a conoscenza sia la moglie Constanze che il marito della donna, il quale, accecato dall’ira, avrebbe ritenuto opportuno affrontare l’uomo su cui aveva riposto la massima fiducia e dargli una lezione. Con ogni probabilità la discussione sarebbe degenerata e Hofdemel avrebbe infierito con colpi di bastone sull’amico, per punirlo del tradimento a lui inferto. Mozart sarebbe rientrato a casa la sera del 3 dicembre in condizioni disperate. Presentava gonfiore agli arti, ecchimosi ovunque, mal di testa e vomito. Viene subito messo a letto senza avvisare il medico, sperando in una sua ripresa. Nella notte il malato si aggrava, sopravviene un’emiparesi e si manifesta l’emorragia cerebrale causata dal trauma cranico. Solo a questo punto viene chiamato il dottor Closset il quale, ritenendo che non ci fosse più nulla da fare, si presenta la sera, dopo il teatro e prescrive solo degli impacchi di acqua e aceto alle tempie del morente. Egli avverte Van Swieten, ministro di Stato, il quale si muove repentinamente con lo scopo di soffocare lo scandalo. Viene fatta allontanare Constanze e il corpo viene composto in una bara, avvolto in una tunica mortuaria nera con il cappuccio tirato sulla fronte, per non mostrare il capo contuso. La salma viene inumata in un cimitero sconosciuto all’interno di una fossa comune, per impedire future riesumazioni ed a nessuno è data la possibilità di seguire il feretro. Franz Hofdemel che rischiava di essere condannato per omicidio, viene indotto al suicidio per coprire la verità.Troppe sono state le inesattezze e le menzogne architettate per coprire uno scandalo che avrebbe coinvolto le massime personalità imperial-regie del tempo: il defunto Giuseppe II, Leopoldo II, Max Franz di Colonia e l’erede al trono; tanto che per evitarlo, non si esitò a sacrificare la figura di un ministro di Stato come Gottfried Van Swieten, che fu oggetto di calunnie e falsità atte ad evitare che si risalisse più in alto. Van Swieten si occupò di far sparire velocemente il corpo dell’artista, perchè considerato pericoloso per l’immediato e per il futuro. Ma quali sarebbero state le gravi conseguenze che tale scandalo poteva avere sull’establishment asburgico? A Vienna,  dal 1781, Giuseppe II e Max Franz erano considerati i protettori dell’artista, a discapito, a volte di altri musicisti che si ritenevano altrettanto meritevoli. Uno scandalo di tale portata avrebbe sicuramente lambito le soglie del trono, intaccandone la rispettabilità. Al geniale Van Swieten sarebbe quindi stata affidata la gestione dell’ “emergenza” Mozart e lui avrebbe accettato di sacrificarsi per ineludibile necessità. Egli non avrebbe tralasciato alcuna mistificazione per imporre la visione di una morte naturale in seguito ad una malattia letale. Per questo si sarebbe ricorsi a Closset, medico curante di corte, per accertarne la morte. Momento conviviale a fine concerto ancora in collaborazione con il Wine Art Museum di Portici, e i vini della Famiglia Pagano.