Per chi suona la campana.

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La campanella, simbolo del passato e del presente nell’immaginario collettivo del mondo scuola, sta per suonare , rinviata soltanto dai recenti nubifragi.

Inizia un altro anno scolastico , tra entusiasmi , aspettative, qualche amarezza e soprattutto con la preoccupazione  di famiglie , amministratori locali e  personale scolastico che  la sicurezza  sia  prioritaria  in edifici scolastici a  volte fatiscenti,  spesso trascurati  e molto raramente  accoglienti .Sogniamo tutti una scuola modello “finlandese” , che  per chi è stato sul posto a visitare quelle che vengono definite dalla Comunità Europea,  le migliori scuole d’Europa, riaccende una ferita  aperta nella mancata innovazione  e metodologia . La  scuola italiana è tra le più inclusive al mondo , per accoglienza , professionalità, dedizione di migliaia di insegnanti che si formano , che studiano che  cercano ogni  giorno di migliorare il rapporto insegnamento-apprendimento, per rendere tutti gli alunni, dall’infanzia  alla secondaria superiore , capaci, in  grado di esprimere le proprie potenzialità.

In questo campo  l’evoluta Finlandia è rimasta agli anni sessanta con le classi differenziali e la mancata inclusione ed integrazione di alunni in difficoltà. Ma purtroppo per tutto il resto siamo noi a sud  di un ‘Europa moderna, ancora il fanalino di coda. La  scuola italiana  fa fatica a cambiare, ad evolversi, ad adeguarsi a innumerevoli riforme che  spesso rappresentano  soltanto puro esercizio ministeriale e politico, finalizzato a distruggere  tutto ciò che altri hanno tentato precedentemente  di creare . Eppure non serve molto riformare  , basta riprendere  quell’attivismo pedagogico ,  di un’Europa non ancora unita,  che nel novecento , nonostante i conflitti mondiali, rese la scuola  fulcro di ricerca e sperimentazione  finalizzata a ricostruire  città, paesi, nazioni.

Basterebbe rispolverare  qualche libro di storia della pedagogia per  ritrovare valori, metodologie, didattiche più che innovative, cancellate  con il ventennio fascista e mai più riviste.

Ma oltre tutto ciò , quando suona la campana, vorremmo vedere i nostri figli entrare a  scuola felici , emozionati  ogni primo giorno di scuola e con loro i maestri, i professori, i collaboratori, i dirigenti.

Buona o non buona la scuola è luogo d’incontro, non un aggettivo che la etichetti, un luogo non luogo, dove il pensiero si sviluppa  a misura di bambino e di adolescente, ognuno con   i suoi tempi, i suoi ritmi, senza fretta. A scuola si impara con gli atri per arricchire se stessi e in questo processo , tutti  sono protagonisti.

Leggere  ancora sui social, un post scritto  da un professionista ( come lui di chiara di essere) che diffama insegnanti  definendoli “ignoranti” che dovrebbero rifare l’esame di maturità, che hanno “quattro mesi” di ferie pagate, fa davvero male alla scuola e ai  suoi lavoratori. Un qualunquismo banale  che per chi lavora  anche  al fianco delle Istituzioni locali è davvero una vergogna. Andrebbe precisato  che  gli insegnati in Italia, a Roma, a Salerno, lavorano anche quando gli alunni non vano a  scuola. Che il loro lavoro non è solo d’aula, che i docenti hanno soltanto 32  giorni all’anno di ferie  come tutti i lavoratori, che studiano, si aggiornano a proprie spese da sempre,  che continuano a credere nel valore etico della loro professione prima di educatori e poi di insegnanti,  che rappresentano  ancora un punto di riferimento per  bambini e adolescenti  sempre più difficili  e problematici.

Quando suona la campana loro sono in classe ad aspettare  centinaia di ragazzi che forse un giorno potrebbero essi stessi salire in cattedra , solo perché  quel prof è stato per loro un modello di vita,  oltre che un professionista vero.

I docenti non timbrano cartellini e poi vanno al bar o fare la spesa abbandonando il posto di lavoro in orario di servizio.

Ai denigratori della scuola e dei suoi operatori culturali sarebbe  utile vivere solo per un giorno la  scuola,  dietro o davanti una cattedra, per capire un mondo ai più sconosciuto, prima di  fissare nello stereotipo del docente “fannullone”, la sua idea di “Maestro”.

Un tempo  nell’antica Roma  il Magister era degno di rispetto e ammirazione  da parte di tutti i cittadini , professionisti, operai , artigiani, Re.  Tornare al passato a volte  non è semplice  nostalgia  ma illuminazione.

Oggi la campana  suonerà ancora una volta , ma per  ricordare  che la Scuola, con la “S” maiuscola  , non si tocca , come le donne  e i  bambini!

 

Gilda Ricci