Malasanità, Coscioni sospeso per un anno. Tommasetti: su Torre Cardiologica avevamo ragione

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I carabinieri del Nucleo Antisofisticazione e Sanità di Salerno hanno eseguito, questa mattina, ad un’ordinanza applicativa della misura cautelare interdittiva disposta dal G.I.P. del Tribunale Ordinario di Salerno, su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di Enrico Coscioni, direttore del Dipartimento di Cardiochirurgia dell’Azienda Ospedaliera “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona‘ di Salerno ma anche di Gerardo Del Negro, Francesco Pirozzi, Pietro Toigo e Aniello Puca, tutti sanitari in servizio presso la stessa Azienda e componenti dell’equipe chirurgica presieduta e coordinata dal primario e primo operatore, il dottore Coscioni, in occasione dell’intervento chirurgico di “sostituzione valvolare aortica con bioprotesi e rivascolarizzazione coronarica”, a cui Umberto Maddolo venne sottoposto il 20 dicembre 2021 presso il reparto di Cardiochirurgia.

Il Giudice per le indagini preliminari – si legge in una nota  della Procura – ha ritenuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza nei confronti dei cinque indagati applicando la misura interdittiva del divieto di esercizio della professione medica, inibendo loro ogni attività medica e tutte le attività ad esse inerenti, per la durata di dodici mesi a carico del Primario Coscioni, di nove mesi a carico dei dottori Del Negro e Toigo ma anche di sei mesi a carico, rispettivamente, dei sanitari Pirozzi e Puca. Il quadro indiziario è stato ricavato dal Giudice dall’attività d’indagine eseguita dai Carabinieri del Nas di Salerno combinata ai verbali di sommarie informazioni rese dal personale ospedaliero oltre che dai familiari della vittima ed inserendo tali elementi nel perimetro scientifico tracciato dai diversi elaborati tecnici redatti dal collegio dei consulenti tecnici nominato dalla Procura. I contestati profili di responsabilità sono stati articolati dal Giudice a carico di tutti i componenti dell’equipe chirurgica su quattro profili di colpa: il primo riferibile alle modalità di preparazione dell’intervento chirurgico al quale venne sottoposto il Maddolo; il secondo alle scelte operate in ordine all’esecuzione dell’intervento; il terzo alle modalità di esecuzione dell’intervento prescelto con particolare riferimento all’abbandono di un lembo di garza nel corpo della vittima e, da ultimo, alle modalità con le quali, accertato nell’immediatezza tale evento avverso, lo stesso fu gestito dai medici. In particolare, secondo l’impostazione accusatoria, allo stato ritenuta fondata dal giudice ma da sottoporsi ad ulteriori verifiche nel corso del procedimento, anche alla luce delle deduzioni difensive degli indagati, sul piano pre-operatorio, in violazione delle linee guida di settore, non sarebbe stato convocato il c.d. “Heart Team” che avrebbe dovuto prevedere le complicanze insite nell’intervento poi eseguito e orientare il trattamento verso una procedura di cardiologia interventistica piuttosto che verso un intervento cardiochirurgico.

Sotto il profilo strettamente operatorio, poi, individuata come “la prima fase” dell’intervento, l’inatteso riscontro da parte dell’equipe medica di una estesa calcificazione dell’aorta ascendente, avrebbe dovuto suggerire, secondo le linee guida, di sospendere l’intervento, laddove, secondo l’ordinanza, Coscioni e l’equipe completarono l’intervento, ignorando o sottovalutando i rischi connessi alla necessità di manipolare significativamente un cuore provato da un infarto recente e già gravato da una significativa disfunzione. Con riguardo al terzo ed ultimo profilo l’ordinanza cautelare ha evidenziato che, concluso l’intervento di sostituzione valvolare aortica, dopo la chiusura del miocardio, era dimenticato dall’equipe un lembo di garza di 8 cm omettendo di rimuoverlo dal ventricolo sinistro così lasciandolo migrare alla ripartenza dell’attività cardiaca e, dunque, alla ripresa del flusso ematico nell’aorta e, senza soluzione di continuità, nella biforcazione aorto-iliaca ove veniva effettivamente rinvenuto in sede autoptica. Sul punto, la condotta conforme alle leges artis individuata nell’ordinanza cautelare, sarebbe stata quella della rimozione immediata del lembo di garza alla fine dell’intervento da parte dell’equipe operatoria che invece non sarebbe avvenuta. Gli accertamenti necessari e possibili per un immediato rinvenimento del lembo di garza smarrito non solo non sarebbero stati compiuti ma sarebbero stati sostituiti da accertamenti inefficaci e gravemente stressanti per il paziente con licenziamento dello stesso dalla sala operatoria nonostante il mancato colposo rinvenimento ed estrazione del lembo di garza e con collocamento in sala di rianimazione ove avveniva l’exitus.

Anche quanto alla fase post operatoria è stato individuato un ulteriore profilo di colpa per negligenza costituito dall’abbandono del lembo di garza in situ e dall’autorizzazione all’uscita del paziente, nonostante potessero essere svolti ulteriori e più efficaci esami, senza compiere tali ulteriori accertamenti necessari al rinvenimento della garza e senza una corretta gestione delle consegne ai colleghi della rianimazione ai quali non sarebbe stato rappresentato l’evento avverso verificatosi in sala operatoria non consentendosi un’adeguata valutazione sulle condizioni del paziente impedendo di fatto qualsiasi intervento. L’ordinanza cautelare ha evidenziato l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del Coscioni anche in relazione al delitto di falso ideologico aggravato, ricavati dalle dichiarazioni dei colleghi e dalla mancanza di alcuna traccia nella documentazione sanitaria redatta a cura del Primario della effettiva scansione temporale verificatasi in sala operatoria dalle ore 16, epoca del mancato colposo rinvenimento della garzina, alle ore 24.00 circa quando il Maddolo veniva licenziato in rianimazione. .

Il quadro indiziario ricostruito dal giudice dovrà trovare conferma nei successivi gradi di giudizio nei quali gli indagati potranno articolare le loro difese, rimanendo ferma la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva di condanna. Il Giudice ha respinto, peraltro, la richiesta di misura interdittiva della sospensione del Coscioni dall’esercizio del pubblico ufficio ricoperto quale presidente dell’Agenas, ente pubblico non economico di rilievo nazionale ed organo tecnico scientifico del Servizio sanitario nazionale. Contro tale statuizione la Procura della Repubblica si riserva di proporre appello.

Il presunto caso di malasanità che lo ha coinvolto obbliga il professore Coscioni a farsi da parte”. Non ha dubbi Aurelio Tommasetti, consigliere regionale della Campania della Lega, nel commentare la sospensione per 12 mesi del primario dall’incarico presso la Torre Cardiologica del Ruggi, a seguito della misura cautelare disposta dalla Procura della Repubblica di Salerno. Il caso riguarda una garza “dimenticata” nel corpo di un paziente durante l’intervento che ne provocò il decesso. Altri provvedimenti hanno colpito quattro operatori sanitari dell’equipe di Coscioni.

Siamo come sempre per la presunzione di innocenza – precisa Tommasetti – La questione però va ben oltre quello che sarà l’esito dell’inchiesta”. Il consigliere regionale concentra il discorso sullo smantellamento della storica Cardiochirurgia all’ospedale di Salerno: “Ricordiamo che un’eccellenza del Ruggi, che per decenni ha fatto scuola in tutta Italia, è stata sdoppiata prima e demolita poi per far posto a Coscioni, fedelissimo del governatore De Luca di cui è stato anche consigliere per la Sanità. Lo scorso anno il professor Severino Iesu e la sua intera equipe sono stati praticamente messi alla porta, vedendosi costretti a portare altrove le loro professionalità. Una nostra battaglia che ho portato avanti come consigliere regionale, un declino di cui finora nessuno ha voluto o saputo rispondere”.

 

Come ricorda Tommasetti, “di recente il dottor Coscioni ha ricevuto l’incarico di professore a contratto nella mia Università di Salerno, con l’insegnamento che era in passato ricoperto proprio dal professor Iesu. Anche su questo occorre un immediato passo indietro, per non ledere ulteriormente la reputazione del nostro Ateneo”.