Storia e radici – Il Cilento

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di Pasquale Martucci

 

Il Cilento è oggi una zona molto ampia, che parte dal fiume Sele e giunge all’estremo lembo del Golfo di Policastro, tra il mare Tirreno e i confini ad est della Campania. Quest’area è il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, istituito con L. 394 del 6.12.1991, mentre l’Ente Parco, l’autorità di gestione, è stato costituito con DPR del 5.6.1995. Ha una superficie di 181.048 ettari, con un’altitudine che varia tra 0 e 1.899 m. s.l.m. Il simbolo distintivo è la Primula Palinuri, che si trova su rupi calcaree fino ai quattrocento metri di altezza, tra Palinuro a Marina di Camerota. Sono 76 i comuni che fanno parte del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.

Tutto il territorio è caratterizzato da rilievi montuosi che discendono verso il mare: quest’ultimo si infrange una costa formata da spiagge, insenature e promontori, interessati da fenomeni carsici e ricchi di grotte marine e sorgenti d’acqua dolce. Nella parte orientale i rilievi più importanti sono gli Alburni e il Cervati; in quella occidentale il monte Gelbison e il monte Stella; a sud il monte Bulgheria. Dalle terre costiere a quelle interne, l’andamento segue la conformazione dei corsi d’acqua e si incunea tra le sommità e i pendii, le rocche e i monasteri del potere feudale ed ecclesiastico del passato.

Il territorio originario del Cilento è considerato il Cilento antico o occidentale, quello dell’attuale monte della Stella, dove sono state ritrovate antiche mura.

Sull’origine del toponimo, c’è stata una aspra polemica tra il barone Giuseppe Antonini e Pasquale Magnoni di Rutino, intorno alla metà del settecento, e che si trascinò nei secoli successivi. Il primo scrisse dell’antica Lucania e di una città sul monte della Stella, chiamata Petilia, fondata dai Lucani; il secondo criticò la presunta città. Riferisce Francesco Volpe che Francesco Antonio Ventimiglia attribuisce i ruderi del monte Stella alla “città denominata Lucania”; Fabio Donnabella sostiene che Antonini ha opinioni “poco sicure”; Vincenzo Gatti non ritiene che possa esserci stata una città chiamata Petilia; Giuseppe Volpe afferma che l’Antonini ha interpretato male Strabone; Matteo Mazziotti sostiene che le dimostrazioni del barone siano prive di fondamento.

Ci furono anche gli oppositori del Magnoni, come Domenico Romanelli e Francesco Mazzarella Farao; Lorenzo Giustiniani fu equidistante; Pietro Napoli Signorelli ebbe un giudizio favorevole all’Antonini. Pietro Ebner, dopo aver analizzato le opinioni dei vari studiosi, che si sono disposti a favore o contro le tesi dell’Antonini, affermò che è fuorviante ritenere che possa esserci stato “un insediamento permanente” su quella vetta.

Un’altra questione riguarda il lavoro del Galanti a proposito della suddivisione del Cilento: quella zona abitata dai Lucani “che va dal Sele all’Obertino, cioè al confine con la Basilicata, escludendo ovviamente il Vallo di Diano”. Per Volpe, Galanti è andato oltre quelle che dovevano essere le conoscenze dell’epoca, dal momento che ha inteso proprio la regione attuale del Cilento, che è stata prima considerata un luogo abitato, in seguito la cerchia dei paesi intorno al monte Stella, poi ancora il distretto di Vallo ed infine l’attuale territorio tra il Sele e Sapri. Però alla fine del settecento, non poteva non essere cis-Alentum, al di qua dell’Alento, e comprendeva quei paesi ubicati alla destra di tale fiume.

Dunque la tesi più ricorrente è stata: cis-Alentum, al di qua dell’Alento, rispetto a quello che era il principato longobardo di Salerno. Lo storico Nicola Acocella scrisse: “Si vedrà presto che il toponimo Cilento, prima che a una regione, fu assegnato originariamente a un centro fortificato e abitato sulla sommità dell’odierno monte Stella (…); ma il nome, ben presto, per un naturale fenomeno di espansione, umana e glottologica insieme, fu riferito a tutto il complesso delle falde e dei contrafforti della montagna, che solo molto più tardi sarà detta della Stella”. Tutto quel territorio, o contado fu chiamato cilium (della Stella), cioè Cilento, un immenso giardino con tante abitazioni e un centro comune dove era posto un anfiteatro, come sostenne Mazziotti. Cilento significava anche il luogo dove stava il Signore, un luogo sacro e posto in alto, appunto su quella montagna.

Vincenzo Aversano ha ricostruito i termini cronologici e geografici che, nel medioevo, sostituiscono l’antico toponimo di Lucania (minor) con quello di Cilento. Per lui, l’etimologia cis-Alentum, non spiega cosa significhi “al di qua”, ovvero “il limite settentrionale della regione cilentana”. Il Cilento originario è tra il fiume Solofrone (Agropoli) fino all’Alento, compreso il Vallo di Novi. Osservando le derivazioni preromane, il riferimento è al monte della Stella e in genere a tutto ciò che è intorno a quel monte. Aversano parla di questa zona come Cilento occidentale, mentre il basso Cilento è il territorio a sud di Elea fino al golfo di Policastro ed ha caratteristiche collinari, fatta eccezione per il monte Bulgheria, gli Alburni e il Cervati.

Per Cantalupo e La Greca, il Cilento, che derivava da monte (della Stella), diventa coronimo in sostituzione del centro fortificato di Lucania. Cilento è il nome della fortezza antica o cenobio kaston (altomedievale), castrum, centro abitato fortificato. E’ l’unità amministrativa longobarda, Actus Cilenti (distretto amministrativo), Gastaldato, sottoposto al controllo di un gastaldo, un funzionario della curia. Era la ripartizione politica, amministrativa e religiosa in cui erano divise le tribù romane fino alla repubblica. Nel medioevo divenne l’ufficio amministrativo di un ente religioso: il Gastaldato Cilenti era quello dei duchi e principi longobardi dell’area del monte della Stella. Nella prima metà dell’XI secolo è dunque la zona di Actus Cilenti, l’area che alla fine della dominazione longobarda si identifica con Lucania, tra Punta Tresino (promontorio tra Agropoli e Santa Maria di Castellabate) e l’Alento. Sul monte Cilento i coronimi Cilento e Lucania si sovrappongono. In effetti la scomparsa di Lucania fu determinata dall’espansione benedettina, che aggregava i beni fondiari ottenuti nel territorio della Lucania ai possedimenti di San Magno (San Mango) e Sant’Arcangelo (oggi scomparso, nei pressi di Perdifumo) e che erano nell’Actus Cilenti. Cercando l’unificazione economica e amministrativa, i benedettini diffusero il nome Cilento alle terre tra il feudo di Agropoli e l’Alento. Dopo diciassette secoli tramonta la presenza geografica del nome Lucania. Il Cilento si amplierà nei secoli successivi. Nel 1083, la circoscrizione Actus Cilenti si era estesa a nord ovest fino a Tresino, a ovest fino a Castellabate, a sud est fino a Casalicchio (Casalvelino) e Duoflumina (territorio alla destra del fiume Alento, tra Pioppi e Omignano). Nella prima età normanna le terre comprendevano anche la vecchia circoscrizione di Lucania, limitate alle aree alla destra del corso dell’alto e medio Alento.

Un’altra versione sarebbe legata alla terra di monte, ovvero un territorio montuoso. Il toponimo avrebbe origine pre-indoeuropea (Ebner). Dal monte Stella si sarebbe poi con il tempo designato un territorio via via più vasto. Una interpretazione più estesa è riconducibile al territorio compreso tra le gloriose città di Pesto, sulle sponde del Sele, e di Velia, su quelle dell’Alento. Mazziotti dunque crede che il territorio tra le due città sia quello proprio del Cilento. In epoca posteriore (Longobardi), lo stesso toponimo identificherebbe il territorio che congiunge i due fiumi: Silento (Sele e Alento).

Dunque, tutto ciò che gravita intorno al nome Cilento avrebbe origini intorno all’anno mille, e sarebbero escluse le vicende più antiche, quelle che riguardano Greci, Lucani, italici in genere e Romani. Fabio Astone recentemente ha sostenuto la tesi dell’origine etrusca del nome Cilento. Il toponimo Cilento non fu mai utilizzato da Greci, Romani o Italici e comparve nel 1134 come Actus Cilenti. Al contrario, gli Etruschi si sarebbero spinti a sud del fiume Sele e forse fino a Paestum e Velia. Lo studioso evidenzia l’analogia tra il nome della divinità etrusca Cilens ed il toponimo Cilento. La geografia degli Etruschi ha condizionato gran parte dell’Italia antica, ed ancora oggi se ne serba il ricordo: il mare Adriatico prende il nome dalla città etrusca di Adria, ed il mare Tirreno è così detto perché Tirreni erano chiamati gli Etruschi dai Greci.

Qui mi fermo. La storia di questa terra verrà successivamente integrata con il susseguirsi di vicende e dominazioni.