Negli ultimi due anni hanno fallito tutti. Non c’è stato un allenatore, o un calciatore, in grado di dare un contributo al di sopra della mediocrità. Segno evidente del fatto che i problemi sono altrove. Sono in una società del tutto inadeguata per il sistema calcio, con dirigenti senza curriculum e qualità, gente raccomandata messa lì solo per via di relazioni e favori, figli di papà che giocano a fare gli esperti di calcio. La ricetta per il disastro era già pronta all’inizio dello scorso campionato di serie A e non poteva che avere, come effetto, quello di portare la Salernitana in serie C. I risultati sul campo solo una logica conseguenza dell’approssimazione e della confusione che regnano in società, dove non si sa chi comanda e tutto è stato lasciato nelle mano, dispiace dirlo, inesperte e non all’altezza di Maurizio Milan. Uno che, a leggere il curriculum, si è sempre occupato di formazione – settore in cui per la verità è uno dei massimi esperti italiani – senza però mai fare l’amministratore delegato. E infatti nel suo piano triennale di rilancio non ha tenuto conto, così come non ne ha tenuto conto un imprenditore come Danilo Iervolino, che ogni mercato ha le sue regole e ogni business per funzionare ha degli elementi chiave. Nel calcio, infatti, tutto passa attraverso i risultati. Le vittorie sono la leva che valorizza patrimonio tecnico e brand dell’azienda. E questo Milan non l’ha capito, incentrando il piano su una semplice riduzione dei costi operativi che, peraltro, non ha interessato il management. Visto che lui stesso e il presidente Roberto Busso non lavorano gratis ma sono pagati molto più di diversi calciatori della rosa. E sarebbe interessante capire a quanto ammontano i compensi dei componenti il Cda. Purtroppo con questa gente le strada verso il disastro è tracciata. E Iervolino non sembra avere chiaro che qui l’unica rivoluzione necessaria, da mesi, è quella societaria non un azzeramento totale di tutte le cariche e la scelta di gente che sappia fare impresa e calcio. Ma evidentemente tutto ciò che c’è dietro questo club sfugge a noi osservatori, o forse ci è ben chiaro ma ci mancano le prove documentali per pubblicare la verità delle cose, e alla tifoseria. Ieri era la giornata dell’addio a Celeste Bucciarelli, una delle figure più iconiche del tifo granata. Se tutti i protagonisti, dai calciatori alla dirigenza, avessero un minimo di senso di appartenenza si vergognerebbero per come hanno affrontato il Palermo. Ma questa è un’altra storia.