“La nascita dell’industria tessile svizzera nella Valle dell’Irno” raccontata ai soci del  “Rotary  Club Salerno Nord dei Due Principati” dal professor Angelo Gentile.

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 La presenza dell’industria tessile nella Valle dell’Irno rappresenta la storia di questo territorio che  è identificata con le cotoniere e i lanifici. Questa industria tessile rappresentò un riferimento nazionale per tutta la provincia di Salerno, un punto di orgoglio della realtà produttiva salernitana tanto che Salerno venne denominata “ La Manchester delle Due Sicilie”. A raccontare la nascita dell’industria tessile svizzera nella Valle dell’Irno è stato il  professor Angelo Gentile, durante l’incontro organizzato in interclub dal dottor Carmelo Orsi,  Past President del “Rotary Club Salerno Nord dei Due Principati” presieduto dalla dottoressa Antonella Cocurullo. Il professor Gentile ,  già docente di Italiano e Storia in vari istituti salernitani, già  Dirigente Scolastico, scrittore,  studioso di  storia locale e  Presidente Incoming del “Rotary Club Salerno Nord dei Due Principati”,   ha spiegato che  quando Napoli era dominata dai francesi e nel salernitano iniziava una nuova storia economica, i  francesi estesero le riforme all’attività amministrativa :” Rivolsero le loro attenzioni anche alle province ed alle campagne dove vivevano le plebi quasi in uno stato di servitù della gleba.  Iniziò un rinnovamento amministrativo, di soppressione degli abusi, di eliminazione di leggi medievali. Per riformare occorreva però conoscere la situazione in modo oggettivo e da ciò nacque l’esigenza di un’inchiesta denominata “Statistica del Reame di Napoli del 1811”  estesa a tutti i comuni. Il Ministro Miot spedì un questionario di 14 articoli ai comuni, ma le risposte non ci furono o furono insufficienti. Tra i pochi che risposero furono  il Sindaco di Salerno Saverio D’Avossa che incaricò i signori: Domenico Pagliara di Capriglia,   Domenicantonio De Bartolomeis di Pellezzano,  Andrea GaldoGennaro Fiore di Coperchia, di dare le risposte che però furono deludenti. La situazione cambiò con l’arrivo di Gioacchino Murat, che godeva di molta stima presso i napoletani. Il nuovo ministro Monsignor Capocelatro e poi Zurlo spinsero per avere le risposte ai quesiti e da Capriglia arrivarono due relazioni a firma del nuovo Sindaco Domenico Pagliara che fa cenno alla produzione dei londrini e ai panni prodotti a Gaiano, Aiello, Caprecano, Saragnano, Capriglia, Capezzano e Coperchia, all’importazione della lana dalla Basilicata e dalla Puglia, e della quantità esatta prodotta nei casali salernitani cioè 6.000 pezze di panni vendute anche all’estero sotto il nome di “Panni dei Casali di Salerno”. Solo nel 1813 si ebbe un quadro quasi completo della situazione”. Gentile ha spiegato anche che a causa della macerazione del lino e della canapa che creava problemi di salute, la malattia più diffusa all’epoca era l’Andrace:” Era legata ai cardatori della lana: fu descritta dal dottor Mattia Napoli di Baronissi. Per il lino se gli uomini seminavano, coltivavano, maceravano e maciullavano, erano le donne a occuparsi della manifattura e anche i bambini che già a 10 anni lavoravano ai telai.  Nella provincia di Principato Citeriore (Salerno) si coltivava il cotone (detto bambagia) a Salerno, Montecorvino, Eboli, Capaccio e soprattutto alle falde del Vesuvio.  Dopo le guerre napoleoniche e col finire delle restrizioni le industrie non riuscivano a sostenere la concorrenza straniera, quindi se da un lato si chiedeva la tutela doganale, dall’altro non si voleva investire per meglio concorrere. Il Governo con le due leggi del 1823 e 1824 lasciò il dazio sulle sole merci estere, diminuendo quello relativo alle merci necessarie alle manifatture nazionali. Con la legge del 6 settembre 1825 la bollazione delle merci indigene divenne gratuita per far prosperare il commercio e le industrie del Regno. Questa scelta protezionistica significò una corsa verso le imprese industriali protette dallo Stato e giudicate remunerative. Quella più favorita fu la metallurgica col monopolio sul mercato interno. Una forte spinta ebbero i tessuti, i cappelli, i guanti e la carta rispondenti ai dazi sull’importazione dei manufatti e all’importazione delle materie prime”. La vera fioritura industriale si avrà dal 1830:” Con  la nascita dell’industria tessile nel salernitano grazie a Davide Vonwiller, che frequentò anche la Fiera di Salerno, e Federico Zueblin che costruirono in poco  più di tre mesi, grazie al progetto dell’ingegner Alberto Escher, ai costruttori Lanzara che incontrarono all’Hotel del Sole a Salerno,  una nuova fabbrica sui terreni di proprietà del  Vonwiller e dei fratelli Martino e Raffaele Cilento, ricchissimi grossisti di tessuti. Costruirono poi anche opifici, acquedotti e ponti nella Valle dell’Irno che diventò la culla dell’industria tessile dove il capitalismo straniero svizzero trovò nella mano d’opera a basso prezzo, nelle condizioni ambientali favorevoli e nelle leggi protezionistiche dei Borboni le premesse giuste per un rapido accrescimento e un espansione nelle valli vicine”.  Si sviluppò anche l’indotto con la nascita di piccoli opifici che coesistevano assieme a imprese siderurgiche: ” Come la Fonderia Fratte, nata nel 1837 in funzione della produzione dei macchinari tessili, o la Fonderia di Vincenzo Pisani, a Sava di Baronissi, dove sarebbero stati fabbricati alcuni pezzi per la linea ferroviaria Napoli-Portici aperta nel 1839”.  I proprietari erano a fianco degli operai sul lavoro:” Non solo a controllare ma anche a insegnare, dall’alba al tramonto: il nobile svizzero Gaspare Escher di Zurigo era solito mangiare con gli operai “pane e portugalli” durante la sospensione breve a mezzogiorno. Non  ci si vergognava a sporcarsi le mani e, primo caso in Italia,   la domenica e le altre feste di precetto non si lavorava”.

Federico Alberto Wenner.

Già nel 1833 entrarono altri soci:” Il  capitale fu portato a 210.000 ducati: tra i nuovi soci Federico Alberto Wenner, Giovanni Corrado Schaepfer, il tedesco Federico Augusto Gruber, Corrado e Giulio Zueblin, Freytag.  Qualche tempo dopo tra gli italiani a entrare nelle fabbriche dell’Irno ci fu anche  Giuseppe Agnelli di Torino. Alla mostra del 1839 gli industriali della Valle dell’Irno vennero tutti premiati: Federico Alberto  Wenner per i tessuti colorati delle due fabbriche di Angri e di Salerno con medaglia d’oro; Gaspare Escher e Saverio Fumagalli con medaglia d’argento; due medaglie d’argento a Davide Vonwiller”. Purtroppo, dopo l’unità d’Italia, comincia il declino dell’industria tessile salernitana che verrà a mano a mano dismessa: “Nel 1876 le industrie salernitane avevano  il 51 % degli addetti di tutto il Mezzogiorno.  Nel 1913 nacque la Società Anonima Manifatture Cotoniere Meridionali di Roberto  Wenner che unificherà le fabbriche di Scafati,  di Castellammare,  il Cotonificio  Nazionale di Poggioreale   le Industrie tessili e il cotonificio di Spoleto.  Poi anche a Salerno, con la guerra del 1918 dovettero cedere tutto a una cordata italiana capeggiata dalla Banca Italiana di Sconto e le industrie tessili assunsero il nome di Manifatture Cotoniere Meridionali. Quando passò di mano il capitale  era  di 40 milioni, c’erano sette gruppi di fabbriche,  340mila fusi e dodicimila operai  impiegati. Negli anni 30 venne acquisita dal Banco di Napoli , poi passò prima all’IRI,  poi all’ENI, nel giugno del 1970, e negli anni 80 venne privatizzata dall’imprenditore napoletano  Lettieri che  fece costruire il centro Commerciale “Le Cotoniere”. Nel progetto era previsto che  la palazzina liberty di Fratte delle Cotoniere Meridionali diventasse  la sede dell’archivio storico della famosa industria manifatturiera . La professoressa Anna Maria Ieraci Bio, Assistente del Governatore, ha sottolineato l’importanza della la microstoria:” E’ importante per comprendere la macrostoria  e per recuperare le radici storiche di un territorio”. E’ intervenuto anche il Past President Vittorio Villari che ha ricordato che il padre ,  Angelo Villari,   forniva i misurini in rame utilizzati per tingere le stoffe. (Pubblicato su “Il Quotidiano del Sud” edizione di Salerno).

Aniello Palumbo