Giffoni, il ministro Dadone e Claudia Gerini.

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È sempre entusiasmante venire a Giffoni. I ragazzi hanno una grande energia e fame sincera di nuovi contenuti. Per questo ascoltare i giovani è un dovere. Hanno grande consapevolezza e senso di appartenenza alla comunità”. Claudia Gerini non ha nascosto la gioia di tornare in un luogo “dove si sprigionano tante energie positive ed è bello essere qui per cogliere queste vibrazioni”. Premiata con il Giffoni Award, ha dialogato con i juror in sala Lumiere, spronandoli innanzitutto a diventare protagonisti del cambiamento: “Voi non siete il futuro, siete il presente. E avete un dovere: le persone hanno paura della diversità, come se questa fosse una minaccia alla propria identità. Personalmente sono sempre stata dalla parte dell’inclusione, perché penso che l’essere diversi gli uni dagli altri sia una ricchezza. Gli esseri umani nascono liberi di esprimersi, di amare chi vogliono, di aderire alla religione che meglio li rappresenta. Il cinema può essere uno strumento di denuncia, ma sta a voi lavorare in tal senso perché siete forti e lucidi, avete una multivisione e potete difendere i vostri diritti e quelli dei più deboli”.

A chi le ha chiesto come fosse cambiato il ruolo della donna nel cinema, Gerini ha risposto: “L’evoluzione è palese, perché il cinema è lo specchio della società. I cambiamenti sono lenti ma inesorabili. Da madre di due figlie femmine dico che c’è ancora moltissimo da fare, ma non sono spaventata. I diritti si conquistano senza piangersi addosso e noi donne siamo abituate a farlo, così come siamo abituate a non essere mai stanche e a considerare il dolore una parte della nostra vita”.

Per lei il cinema “è un viaggio collettivo, il posto delle emozioni. Le sale non chiuderanno mai, perché i film ti fanno capire chi sei e cosa vuoi diventare. Prima del Covid ci sembrava tutto così normale, oggi ogni piccola cosa è una conquista, ma la voglia di cultura e di arte vincerà”. Ma quale consiglio darebbe a chi volesse intraprendere questa carriera? “Studiare e crederci con grande determinazione. Non è semplice, ma funziona”.

Claudia Gerini, con oltre sessanta film alle spalle, è forse una delle attrici italiane che meglio si sono destreggiate sul set, passando dall’interpretare ruoli comici e drammatici: “Ho sempre pensato che sia più difficile fare ridere che fare piangere. Nelle commedie conta di più la fisicità, nei drammi le pause e i silenzi. Ma a giocare il ruolo di protagonista è il regista. Vedi Carlo Verdone, un uomo a cui devo tantissimo, che ha un’attenzione maniacale per come muovi le mani e dove le posi. Riesce a creare dettagli e sfumature uniche”.

Tra i modelli a cui si ispira, ci sono Monica Vitti e Mariangela Melato, oltre all’insuperabile Meryl Streep, “un mito di fronte al quale inginocchiarsi”. Tanti i film che le sono rimasti sul cuore, come Ammore e malavita, “in cui mi sono divertita tantissimo a cantare e ballare” e Non ti muovere, “ringrazio Sergio Castellitto per quel ruolo così scomodo. Fino a quel momento avevo dato voce solo a personaggi brillanti, lui invece mi ha dato la possibilità di esprimermi anche in un’altra veste ed è stato in qualche modo il mio ingresso nel cinema d’autore”.

Il futuro è costellato di nuove uscite e tanti progetti: “A breve sarà nelle sale il film di Edoardo Leo Lasciarsi un giorno a Roma che racconta in modo molto disincantato la fine di una storia d’amore e Per tutta la vita di Paolo Costella con un cast ricchissimo in cui ci sono Ambra Angiolini, Fabio Volo, Carolina Crescentini e poi Diabolik dei Manetti, che non vedo l’ora di vedere perché sono una grande fan”. Ma settembre segnerà anche una svolta nella carriera professionale dell’attrice che, per la prima volta, starà dietro la macchina da presa, debuttando come regista: “Mi sono lanciata perché amo le sfide. Sono stata spinta dalla necessità di raccontare una storia molto particolare”.

Giffoni è il luogo più giusto dove parlare di progetti per i giovani. Questo Fabiana Dadone, Ministro per le Politiche Giovanili, lo capisce appena arriva alla Cittadella del Cinema di Giffoni accolta dal direttore di Giffoni, Claudio Gubitosi. I giovani sono il cuore e l’anima del Festival e di tutte le attività che nell’anno vengono promosse. Lo sono ancor di più per #Giffoni50Plus perché questa è l’edizione della ripartenza, quella da cui si leva quel “grido di felicità” come recita il titolo, quella in cui la voce dei ragazzi è ancor più protagonista. Ed il protagonismo dei giovani per il Ministro è davvero priorità: “Avverto – dice all’inizio del confronto con i ragazzi della sezione IMPACT! – una responsabilità grandissima per il ruolo che ricopro. È un ministero piccolo rispetto ad altri ma ha un ruolo chiave soprattutto in questa fase. Usciamo da un momento complicato per il Paese. Fate sentire le vostre idee e le vostre richieste. Non abbiate timore di far sentire la vostra voce. Nei palazzi ministeriali difficilmente arriva il pensiero delle associazioni giovanili, invece sarebbe bello se questo accadesse di più”.

Centrale il tema della pandemia, in particolare per i ragazzi: “Il sacrificio richiesto ai giovani – ha aggiunto –  è stato molto grande durante la pandemia. Abbiamo dovuto rinunciare alla possibilità di spostarci, nonè stato possibile andare a scuola, all’università. Questi due anni hanno segnato ciascuno di noi in maniera indelebile. Con la musica, con l’arte, con lo spettacolo,con la cura del verde mi auguro possiate esprimere il disagio che avete vissuto. Ed è per questo che abbiamo pensato ad un bando specifico che serva proprio da ristoro per il disagio di questo periodo. In questa fase sono aumentati fenomeni legati al disagio, fenomeni di autolesionismo, disturbi alimentari. Abbiamo inteso puntare su progettualità che rendano attivi i ragazzi, facendole partire dal basso”.

E poi c’è stata la narrazione di questi mesi, quella di ragazzi poco attenti alle regole e alle disposizioni sul distanziamento: “Abbiamo la tendenza a puntare su chi sbaglia – spiega il ministro Dadone -e su ciò che non funziona, così viene spesso narrata l’Italia e così facciamo un danno al Paese. Io conosco molti più anziani che sono andati a giocare a bocce senza mascherina che giovani che non hanno rispettato le norme sul distanziamento. Io credo che i giovani siano stati e siano dei piccoli eroi moderni perché vivono in questa epoca complicata. Avete fatto un lavoro incredibile, siete rimasti uniti, avete svolto le lezioni da remoto che è una pratica molto alienante. Dovremmo perciò essere in grado di raccontare i ragazzi in una maniera diversa e di valorizzarvi molto di più”.

Come devono cambiare, allora, le politiche giovanili? Dadone dà qualche indicazione al riguardo: “Per avere politiche giovanili efficaci dovremmo rapportarci alle medie europee – dice – e farle arrivare in termini di supporto ai 29 anni e non ai 35 come è oggi. Non lo faremo subito perché c’è ancora una condizione di emergenza legata al Covid, ma spero di avere il tempo per poterlo fare in seguito. Riuscire a fare un orientamento più efficace, già dalle medie alle superiori. Questo è un mio obiettivo. È giusto conoscere certe prospettive e comprendere come siano cambiati i lavori tradizionali e cosa si può fare con l’innovazione. Nell’ottica di riuscire ad incrociare domanda ed offerta di lavoro, bisognerà capire come è importante puntare sulle cosiddette soft skill: un’esperienza come questa di Giffoni può essere molto più formativa dal punto di vista culturale che tante altre”.

Ci sono poi le aspettative dei ragazzi, quello che vorrebbero la politica facesse per loro: “Qui ho visto tanti ragazzi – ha continuato Dadone – pronti a discutere su tanti temi. E non sempre è così. Certo, spesso il dibattito parlamentare non ha la stessa velocità della società, il ddl Zan ne dà prova quotidianamente. È anche vero, però, che un dibattito così complesso e anche così lungo ha avuto il merito di imporre le questioni che il disegno di legge affronta alla pubblica attenzione. Un dibattito veloce non avrebbe sortito lo stesso effetto”.

E se i giovani devono essere protagonisti delle scelte in politica, il voto è lo strumento più utile per arrivare a questo risultato: “Sono favorevolissima – ha così concluso – all’apertura del voto ai 16enni. Soprattutto per far sentire il peso della responsabilità delle scelte politiche già a quell’età perché se uno deve andare a votare, si informa di più. Molti non se la sentono perché hanno il timore di non essere pronti. Per ora siamo arrivati all’abbassamento dell’età per votare al Senato da 25 anni a 18, provvedimento che giudico favorevolmente perché chi vi rappresenterà subirà gli effetti del voto che arrivano da chi è più giovane. Io, che sarei per incrementare quanto più possibile le forme di democrazia diretta, giudico questo un passo importante per l’Italia”.

A #Giffoni50Plus Luì e Sofì hanno portato in anteprima mondiale i contenuti del film Me Contro Te – Il Film: Il Mistero Della Scuola Incantata, dal 18 agosto in sala per Warner Bros.

Oltre al trailer i due beniamini del web hanno mostrato ai juror una clip ambientata nella scuola magica che ospita il secondo lungometraggio della saga, diretto da Gianluca Leuzzi.

Al termine dell’evento, a sorpresa, i Me contro Te hanno intonato una loro canzone assieme ai giffoner, prima del selfie di rito e del saluto segreto che gli attori hanno condiviso con il pubblico.

Il dinamico duo ha rivelato qualche retroscena degli esordi: “Il nome – spiega Sofì – lo abbiamo scelto per evitare che uno dei due venisse prima dell’altro, così siamo entrambi protagonisti”. In questa nuova avventura, spiegano, “si svela il passato magico dei Me contro te, legato alla famiglia e si scopre che Sofì è una fata, ma sarà vero? E soprattutto scopriremo finalmente l’identità del nostro arci-nemico il signor S, su cui ci interroghiamo da quando ci mandava le prime lettere”.

I Me contro Te hanno fatto ballare, cantare e urlare di gioia la sala. Molti giffoner hanno chiesto se ci sarà un terzo film: “Speriamo di sì – hanno detto – se vi piacerà e non vediamo l’ora di mostrarvelo. E pensare che abbiamo iniziato con le sfide nella nostra cameretta, come quella dei sette secondi che amiamo moltissimo. Inizialmente ci siamo ispirati a figure del web come Favij, che guardavamo in continuazione e non ci sembra vero che la nostra passione nel fare i video sia così seguita”.

Me contro Te hanno poi conquistato il blu carpet del #Giffoni50Plus con un mosaico di rosa, giallo e celeste, grazie ai palloncini a tema con i colori dei protagonisti.

L’incontro in Sala Lumiere è stata un’esplosione di gioia perché Sofì e Luì hanno chiesto ai juror cosa amano di più dei loro video e hanno confessato quali sono i loro momenti preferiti (“gli scherzi di lei”, raccontano con un sorriso). Hanno chiesto ai giffoner quanti di loro vorrebbero diventare youtuber professionisti e quasi tutti in sala hanno alzato la mano, saltando sul posto e cantando a squarciagola l’ultima canzone del simpatico duo. “Siete bellissimi”, ha detto subito Sofì, quando è entrata in sala tra gli applausi scroscianti.

Abbiamo vissuto emozioni bellissime”, confessa Sofì, “perché noi amiamo recitare e qui abbiamo scritto la nostra storia. Non ci saremmo mai aspettati un successo del genere”.

Tutto è iniziato “per passione”, quando YouTube neppure c’era. Poi l’idea nata sui banchi di scuola da amici di sempre è diventata un collettivo artistico e una società di videoproduzione che un po’ alla volta si è allargata. I The Jackal arrivano a Giffoni per un doppio appuntamento, i ragazzi della sezione IMPACT! prima e gli Elements +13 poi. E tra battute e aneddoti, divertono i giffoner di ogni età.

Simone Ruzzo, Alfredo Felco, Aurora Leone, Claudia Napolitano e Gianluca Colucci – “Gianluca? Neanche mia madre mi chiama più così”, sorride lui – in arte Fru: sono loro a confrontarsi con i giffoner e a rispondere alle loro domande. A iniziare da come è nato il gruppo. “È nato da piccoli – spiega Alfredo – Abbiamo iniziato per passione, senza fini commerciali. YouTube non c’era. Solo dopo, quando abbiamo iniziato a caricare i video, abbiamo visto che le persone si iscrivevano al nostro canale e abbiamo capito che potesse diventare un lavoro”. Perché si chiamano così, invece, lo spiega Simone ai giurati: “Quando abbiamo iniziato non avevamo un soldo per fare i nostri video e quindi andavamo a ‘sciacallare’ quello che trovavamo. Ma sciacallo sarebbe stato un po’ brutto da usare e quindi abbiamo scelto il termine inglese The Jackal”. Il loro segreto, però, è la continua evoluzione: “Abbiamo sempre cercato di evolverci, anche in base all’evoluzione dei social, che abbiamo deciso di seguire”. Tanto che è con Snapchat, quando si sono resi conto di essere “troppo lontani dal quel pubblico”, che è arrivato Fru.

Diverso il modo in cui è stata ingaggiata Aurora. “Ho partecipato a Italia’s got talent e i The Jackal mi hanno mandato un messaggio su Fb a cui ho risposto dopo due mesi perché non lo avevo visto – racconta – Li ho implorati di darmi una possibilità e quando ci siamo incontrati ho fatto un colloquio proprio su quell’avventura. Poi ho fatto un periodo di prova durante il quale ho realizzato i video con loro, che poi è il vero modo per capire se sei un The Jackal”. Più complesso, invece, il provino di Claudia: “Al provino mi hanno chiesto un monologo brillante, uno drammatico, una improvvisazione di due minuti con Ciro e finanche di dipingere la Monna Lisa. Sinceramente, è più semplice entrare in accademia”.

The Jackal raccontano anche i retroscena dei loro lavori, a iniziare dalle gag di Sanremo. “Seguivamo Sanremo su Facebook, era un modo per seguire un trend. Facevamo gli status per commentare di volta in volta chi saliva sul palco. Capimmo che potevamo salire anche noi sul palco di Sanremo. Noi siamo riusciti a salirci direttamente ma ci siamo riusciti in maniera diversa”. E, su come nasce ogni loro produzione, spiegano: “Il lavoro creativo è un lavoro di gruppo. In genere arriva da un’idea che ci ha colpito, dall’intuizione di qualcuno, e ci raduniamo per confrontarci. Prendono parte al gruppo sia i volti che chi fa la direzione artistica e ognuno dà il suo contributo”.

Tante le domande che sia la Sala Blu che la Sala Truffaut rivolgono al collettivo. Dal feeling tra i componenti del gruppo ai ruoli che ognuno ha, fino all’utilizzo dell’italiano “per ampliare il nostro pubblico”. La curiosità dei giffoner gira intorno anche alla capacità del gruppo di adattare la comicità ai diversi mezzi, dalla tv al cinema. “Abbiamo di base una comicità che si fonda su quello che ci fa ridere, che ci diverte – premette Aurora – Per il cinema si è soggetti a una sceneggiatura ma conserviamo comunque i nostri tratti caratteristici perché siamo riconosciuti in un certo modo. Ma non limitandoci al web sperimentiamo altre piattaforme e quindi l’anima rimane. Ad esempio, per il programma Europei a casa The Jackal – continua – siamo noi stessi ma con un canovaccio televisivo e una struttura fatta apposta per il programma. Quindi – aggiunge –  ci adattiamo alla piattaforma senza snaturarci”. Insomma, “anche l’intrattenimento che sembra improvvisato è molto studiato. Dietro c’è studio e molta sperimentazione”. E Fru, raccontando come è nato il video su Despacito, sottolinea: “Quel video ci insegna che, al di là dei mezzi, quello che funziona sono le idee. Puntate prima sulle idee e poi sui mezzi che avete”. I The Jackal portano a casa, insieme al colore e al calore dei giffoner e alle riggiole ricordo, anche il Giffoni Award.