La scrittrice Milena Palminteri presenta il suo romanzo di successo: “Come l’Arancio Amaro”, al “Rotary Club Salerno Duomo”.

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“Agrigento, 1960. Carlotta ha trentasei anni ed è convinta che nessuna persona amata possa rimanerle vicino: suo padre è morto la notte in cui lei nasceva, la sua adorata bambinaia se n’è andata quando lei era piccola e sua madre è sempre stata simile a un’algida istitutrice. Cresciuta in una Sicilia dove da sempre tutto cambia per rimanere immutato, Carlotta ha imparato che il solo modo per non soffrire è annoiarsi con pazienza. Così, dopo gli studi di legge, anziché lottare per diventare avvocato si è rinchiusa a lavorare all’Archivio notarile. Ma il destino ci insegue anche se noi ci nascondiamo: è proprio uno dei polverosi documenti dell’Archivio a rivelarle la terribile accusa rivolta da sua nonna paterna a sua madre, di non averla partorita ma comprata. Carlotta comincia un’indagine che la porterà a scoprire le radici della rabbia e della sete che per tanti anni ha cercato di mettere a tacere”. È stata il notaio salernitano Ilaria Acerra, socia del “Rotary Club Salerno Duomo”, presieduto dal dottor Eduardo Grimaldi, a raccontare la trama del libro “Come l’Arancio Amaro”, edito da Bompiani, scritto dalla dottoressa Milena Palminteri, che è stato il caso letterario dell’anno 2024, come ha annunciato il presidente del Club Eduardo Grimaldi:” È un vero capolavoro narrativo che ha venduto oltre duecentomila copie dalla sua uscita ad agosto”.

Intervistata dalla dottoressa Acerra, l’autrice ha raccontato di essere nata a Palermo e di essere salernitana adottiva:” Sono nata a Palermo, da madre palermitana e da padre di Sciacca che nel romanzo diviene Sarraca. Nel mio libro c’è l’anima di questi luoghi dove sono stata fino all’età di 38 anni. Vivo a Salerno dal 1982, da quando ho sposato mio marito, il notaio Ermanno Buonocore, che è nato a Ravello e che ho conosciuto a Firenze”. L’autrice ha spiegato che pianta è l’arancio amaro:” È una pianta con le spine e con i fiori che hanno un’essenza rara e preziosa, che dà un frutto amaro, ma è una pianta forte che resiste a tutte le intemperie. Anche a Salerno ce ne sono tante”. L’autrice per anni ha diretto anche l’Archivio Notarile della nostra città:” La storia che racconto è nata proprio grazie al ritrovamento di un atto del 1910, nell’Archivio notarile di Salerno: un atto d’inventario d’eredità nel quale veniva descritto il modo in cui il de cuius era stato raggirato da una donna che gli aveva fatto credere di aver avuto un figlio da lui che invece aveva comprato chissà dove. A quel punto mi si è accesa la fantasia”. La dottoressa Palminteri ha raccontato di aver impiegato cinque anni per scrivere il suo libro e di essersi avvicinata alla scrittura frequentando il laboratorio di scrittura creativa di Antonella Cilento a Napoli:” Lo frequento da dieci anni e continuo a frequentarlo”. La Palminteri nel suo romanzo usa spesso il dialetto siciliano, che è una lingua, e molti termini vengono spiegati nel Glossario presente nelle pagine finali:” “Nell’utilizzo del dialetto siciliano trovo un immediato riscontro dei miei sentimenti, del mio modo di vedere, di pensare”. La scrittrice ha raccontato della situazione vissuta dalle donne nel 1947 in Sicilia che non potevano esercitare la professione di avvocato perché ancora era in vigore una sentenza ottocentesca della Corte di Appello di Torino che recitava:” L’avvocheria è un ufficio esercitabile solo dai maschi e nel quale non devono immischiarsi le femmine”. Nel suo libro, l’autrice rivendica i diritti delle donne: “Le donne sono forti: in particolare lo sono le donne siciliane che negli ultimi anni sono cresciute molto, anche dal punto di vista della vivacità d’intelletto”. Il libro si svolge su due piani temporali: il passato, quello degli anni ’20 con l’avvento del fascismo, anche in Sicilia, e il presente, quello degli anni ’60. “Mi interessava la parte storica: nel mio romanzo la storia scorre in sottofondo”.

Aniello Palumbo

 

 

 

 

 

 

 


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