Agli Uffizi la Strega del pittore ‘maledetto’ Salvator Rosa

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(Adnkronos) – Un sulfureo capolavoro dell'arte esoterica, "La Strega" del tormentato e originale pittore seicentesco Salvator Rosa, entra a far parte della collezione degli Uffizi: presto sarà accolto in Galleria, nelle sale dei maestri del XVII Secolo, ma intanto, subito dopo le feste natalizie, avrà un suo momento espositivo speciale, nella Sala Bianca di Palazzo Pitti. Circa 450mila euro la somma pagata dal museo fiorentino, il cui comitato scientifico ha dato parere favorevole all'acquisto. L'opera si trovava all'estero da un numero sufficiente di anni tale da non poter più essere più vincolata, e, oggetto di interesse da parte di svariati musei internazionali (tra di essi la National Gallery di Washington), rischiava di non rientrare mai più in Italia.  "Il prezioso ingresso in collezione della 'Strega' di Salvator Rosa ci permette di accrescere qualitativamente il nucleo collezionistico della pittura seicentesca del museo con un autore che, napoletano di nascita e formazione, si muove tra Roma e Firenze caratterizzando in modo originalissimo l'arte italiana ed europea della metà del secolo", ha commentato il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Simone Verde. Il museo annovera un cospicuo numero di dipinti di Salvator Rosa, soprattutto paesaggi e scene di genere, ma – a parte le "Tentazioni di Sant'Antonio" – il tema magico e stregonesco, che viene sviluppato dal pittore proprio a Firenze, risultava finora assente. "Adesso, grazie all'arrivo della 'Strega', possiamo dire di aver colmato in modo più che soddisfacente tale lacuna – ha spiegato Verde – Con questo capolavoro, un autentico manifesto teorico della pittura barocca, gli Uffizi si dotano dunque di un'altra potente icona, restituendo all'Italia un capolavoro altrimenti destinato all''esilio". Al centro dell'imponente dipinto, la maga malvagia compare inginocchiata; il suo corpo è sgraziato, cadente e il pittore vi infierisce quasi ossessivamente, accentuandone i segni del tempo e mescolando i tratti femminili con caratteristiche più androgine. Il viso è stravolto: la vecchia sbarra gli occhi pieni di rabbia, impreca e brandisce un ramo in fiamme nella mano sinistra, ostentando nell'altra un contenitore di forma sferica dal quale spunta una figura diabolica, simbolo delle forze infernali evocate con i suoi malefici. Sparsi in terra, vari oggetti, ciascuno dei quali ha un oscuro significato nel contesto del macabro evento: una brocca di vetro, delle monete, uno specchio, pezzi di ossa, un teschio e, in primo piano, squillante sul fondo bruno, un foglio bianco recante simboli esoterici insieme all'inconfondibile monogramma dell'artista: 'SR'.  Il dettaglio più sinistro e raccapricciante della composizione è però il bambino avvolto in un panno, nella penombra in secondo piano, alle spalle della fattucchiera. Si tratta di un bimbo morto, in riferimento alla leggenda secondo la quale le streghe utilizzavano il sangue infantile per preparare le loro pozioni magiche.  Il soggetto stregonesco ricorre nella produzione di Salvator Rosa e appartiene tipicamente agli anni del soggiorno fiorentino, nei quali va collocata cronologicamente anche questa tela. Dal 1640 infatti, Rosa era stipendiato dal cardinale Giovan Carlo de' Medici e lo fu fino al 1648. Proprio la frequentazione della corte medicea, dell'ambiente raffinatissimo delle accademie e degli eruditi fiorentini, fortemente interessati ai temi esoterici, filosofici, ermetici e applicati allo studio dei testi filosofici antichi (come il Corpus Hermeticum, giunto a Firenze fin dalla seconda metà del XV secolo, tradotto da Marsilio Ficino e pubblicato in prima stampa nel 1470), contribuirono in modo decisivo a orientare le scelte di Rosa verso le rappresentazioni di carattere negromantico di questo periodo, come le "Streghe e gli incantesimi" (oggi alla National Gallery di Londra), "La Strega" dei Musei Capitolini di Roma (colta in atteggiamento meditativo, contrariamente a quella degli Uffizi), la "Menzogna" e le "Tentazioni di Sant'Antonio", entrambe accolte nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti. Con questi dipinti, "La Strega" condivide la pittura densa e macchiata e l'insistenza sul dettaglio grottesco, forzato fino all’inverosimile e alla deformazione. Nella scelta iconografica, Rosa richiama la tradizione dei pittori nordici di Cinque e Seicento, da Dürer a Baldung Grien a Jacques de Gheyn. Al tema della magia il pittore dedicò poi anche alcuni componimenti letterari, tra i quali un'ode intitolata proprio "La Strega" (1646), incentrata sul tema della maledizione lanciata da una strega contro un uomo che non ha ricambiato il suo amore, testo che peraltro contiene non pochi elementi in comune con il dipinto appena comprato dal museo fiorentino.  —spettacoliwebinfo@adnkronos.com (Web Info)


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