Una delibera della ASL Salerno che può essere rivoluzionaria: determinare le prestazioni partendo dal fabbisogno dei territori.

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Partiamo dall’inizio. Ogni struttura che opera per la Asl, ad esempio un centro di riabilitazione, ha un limite massimo di prestazioni che può erogare, le cosiddette COM, ed è stabilito sulla base di una serie di criteri, dal personale alle attrezzature. Verificarle periodicamente è un fatto ovvio, di routine. Qual è allora la novità? A chiarirlo è il Comitato diritto alla cura, promotore della Legge Popolare per la cura dei disabili gravi.
“La novità è importantissima – spiegano i componenti del Comitato – perché finalmente e per la prima volta con questa delibera si mette al centro la necessità di valutare il fabbisogno, ovvero le esigenze reali del territorio e dei suoi cittadini. È un principio elementare, stabilito anche da tante sentenze del TAR, ma sempre disatteso”.  Con quali conseguenze? “Enormi. Se le COM vengono assegnate senza considerare il fabbisogno si creano disuguaglianze insopportabili tra i vari territori. Basti pensare che nella ASL Salerno la spesa pro capite per la riabilitazione è di neanche 11 euro a Sapri e di quasi 63 euro a Sarno. Questo perché si parte dalle capacità attuale dei centri di erogare servizi invece di fare il contrario, ovvero partire dal fabbisogno. Ecco, la delibera del Direttore Generale afferma esattamente questo principio, infatti impone, testualmente, di avviare un processo di monitoraggio qualitativo/quantitativo sul fabbisogno assistenziale della popolazione connesso all’erogazione sia per tipologia che per quantità delle prestazioni prodotte dalle strutture accreditate. In sostanza ribalta la vecchia logica a favore dei bisogni del cittadino”.
Ci sono gli strumenti per capire il fabbisogno? “Certo, ce ne sono molti. Innanzitutto le liste di attesa dei centri, di cui la ASL è in possesso. Poi ci sono le rilevazioni delle prescrizioni fatte dai medici prescrittori con i codici previsti dal nomenclatore tariffario riconosciuti dai LEA (Livelli essenziali di assistenza), c’è la cosiddetta mobilità passiva, ossia i pazienti costretti a farsi curare, a spese della ASL, fuori dalla regione, c’è poi la rilevazione delle patologie non acute registrate al pronto soccorso … Insomma, il problema non sono gli strumenti, è la volontà di utilizzarli”.
Ecco, appunto. Esiste il rischio che questa ‘rivoluzione’ resti nel cassetto dei sogni? “Non deve esserci. L’amministrazione ha dimostrato la sua ferma volontà stabilendo che la Commissione che dovrà occuparsi di tutto questo potrà avvalersi di altre competenze specialistiche, espleterà il suo lavoro fuori dall’orario di servizio, quindi senza ritardi dovuti al lavoro ordinario e addirittura con delle specifiche premialità. In sostanza il Direttore Sosto con questa delibera ha tracciato una strada chiara, ora tutti devono metterla in pratica. Bisogna vigilare perché ciò accada, perché la linea indicata dal Direttore Generale sia rispettata. Sarà compito di tutti, a partire dai cittadini. Noi, come Comitato, saremo in prima fila affinché un cambiamento così importante e necessario non resti incompiuto, e diventi un passo avanti sostanziale verso il diritto alla cura, in particolare dei disabili”.
Il Comitato Diritto alla Cura