Uva, Uvb e Spf sono le sigle che compaiono comunemente sulle etichette delle creme solari, ma per molti consumatori vogliono dire poco e rischiano di confondere le idee.
Tanto che ben il 15% degli inglesi ammette di non aver mai controllato il fattore protettivo della crema solare utilizzata per i propri bambini.
A richiamare l’attenzione sulla necessità di semplificare il sistema di etichettatura delle protezioni solari è un sondaggio condotto da Royal Pharmaceutical Society, la società farmaceutica britannica, su circa 2000 consumatori inglesi.
Sono ormai noti i rischi di un’errata esposizione al sole, ovvero troppo prolungata, in orari centrali del giorno e senza un corretto schermo. Eppure solo un intervistato su 5 sa che il rating di Spf, o fattore di protezione solare, scherma solo dai raggi Uvb, che provocano scottature, ma non dagli Uva che causano invecchiamento della pelle, e che entrambi i due tipi di radiazioni ultraviolette siano all’origine di melanomi. I cittadini, spiega Jayne Lawrence, capo ricercatore scientifico presso la Royal Pharmaceutical Society “dovrebbero essere messi in condizione di capire facilmente qual è la protezione offerta da ogni prodotto” e non “costretti a districarsi tra due tipi diversi di sistemi classificativi”. (ANSA)
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