Lo studio dei fenomeni di Husserl e Schütz.

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di Pasquale Martucci

La fenomenologia è scienza contemplativa, apofantica (nella ragione si rivela l’essere), rigorosa (perché fornita di fondamenti assoluti), intuitiva (coglie le essenze delle cose anche attraverso la percezione sensibile), non-oggettiva (prescinde da ogni fatto o realtà e si rivolge alle essenze), soggettiva (l’analisi della coscienza fa riferimento all’io come soggetto unificante di tutte le intenzionalità costitutive), scienza dei primi principi (la coscienza contiene il senso di tutti i modi possibili in cui le cose possono essere date/costituite).

 

Alfred Schütz, studioso delle scienze sociali, influenzato dalla sociologia comprendente di Weber, ed Edmund Husserl, il filosofo fondatore della fenomenologia, hanno dato legittimità ad un approccio che si occupava di ciò che appare, in cui il soggetto non è semplicemente nel mondo, ma costituisce il mondo.

Il primo nacque a Vienna il 13 aprile 1899 e morì a New York il 20 maggio 1959. Nel 1932 pubblicò il volume: Der sinnhafte Aufbau der sozialen Welt. Eine Einleitung in die verstehende Soziologie (tradotto: A. Schütz, “La fenomenologia del mondo sociale”, Il Mulino, 1974), molto apprezzato da Husserl che, nello stesso anno, lo invitò a far parte di un gruppo di studio, offrendogli la possibilità di diventare suo assistente. Schütz rifiutò, ma comunque collaborò con lui fino all’aprile 1938 (morte di Husserl). Nello stesso anno, fu costretto a lasciare l’Austria: nel luglio 1939 negli Stati Uniti fondò l’International Phenomenological Society; successivamente, nel 1941, la rivista Philosophy and Phenomenological Research. Nel 1943, iniziò la collaborazione alla rivista Social Research; quindi, a partire dal 1943, fu Visiting Professor e, nel 1952, professore di Sociologia e Psicologia Sociale. È stato membro dell’American Philosophical Association e dell’American Sociological Association.

La sua opera riguardò lo studio dell’azione sociale, dei significati e dei simboli della vita quotidiana; entrò in contatto con le teorie sociologiche a lui contemporanee, in particolare le cosiddette microsociologie, oltre che l’etnometodologia. Il suo approccio cercò di chiarire le dinamiche dell’interazione attraverso la definizione dei processi di formazione dei significati intersoggettivi. È rilevante la tappa di arrivo di tutto l’iter processuale che porta all’affermazione dell’azione nella sua totalità: nella prima fase il soggetto mostra la volontà di raggiungere un determinato scopo; poi si sviluppa l’azione; il terzo passaggio è quello in cui l’atto è compiuto e porta al raggiungimento dello scopo. Ogni individuo nello stabilire rapporti con l’altro deve tener conto che esiste un universo di intenzionalità che appartiene agli stati più profondi di coscienza: tutto ciò che si osserva rappresenta l’espressione dell’atto compiuto attraverso razionalizzazioni, il risultato di elaborazioni per l’osservatore esterno e l’elemento superficiale di un complesso stato interno di coscienza. Fondamentale nella comprensione reciproca dei comportamenti è la gestualità che rappresenta il mezzo con cui il soggetto manifesta le proprie intenzionalità nei confronti dell’interlocutore. Si realizza un dialogo a tre: il soggetto agente che svolge l’azione, l’interlocutore che partecipa all’azione dell’agente, l’osservatore esterno che non partecipa al rapporto tra agente e interlocutore pur essendo interessato ad esso.

Riprendendo i temi della sociologia comprendente di Weber, Schütz rileva l’importanza di una teoria sociologica che si occupi dei diversi motivi (fini e disposizioni) che portano l’individuo ad agire, delle sue modalità di relazione, dei suoi aspetti sociali come possibilità di conoscenza di sé stesso attraverso gli altri, proponendo schematizzazioni delle forme di vita quotidiana in termini di tipi ideali.

Ora è necessario parlare di Edmund Gustav Albrecht Husserl (Proßnitz, 8 aprile 1859 –Friburgo in Brisgovia, 26 aprile 1938), il fondatore della fenomenologia. Egli ha individuato la filosofia come scienza a priori, ponendo tra parentesi l’esistenza di una realtà esterna al soggetto per permettere di cogliere l’essenza dei fenomeni. Le sue teorizzazioni hanno influenzato Heidegger, Sartre, Merleau-Ponty, l’analisi esistenziale e l’etica di Scheler, la psicoanalisi e la psicologia.

Già agli inizi del novecento prende in lui consistenza l’idea di una filosofia come scienza rigorosa, autonoma: la fenomenologia è la filosofia che propone l’intenzionalità come strumento privilegiato di analisi, in cui la coscienza è una coscienza di, che implica un correlato. L’esperienza per essere determinata significativamente, essere cioè formulata in proposizioni universali e necessarie, deve rinviare a un eidos, ad un’intuizione che parte dall’individuale. Mettendo il mondo tra parentesi (epochè) e attuando una riduzione fenomenologica si può giungere ad un’evidenza tale da non poter essere rifiutata.

Il primo elemento da affrontare è la sua necessità di indagare le radici della scienza etica. Husserl lo evidenzia in modo chiaro attraverso alcune lezioni che tiene negli anni venti per trattare in maniera sistematica un’etica scientifica rigorosa. La vita dell’io e della comunità, che condivide con gli altri uomini, viene indagata in modo tale da sfiorare persino i limiti dell’irrazionalità: il soggetto, infatti, ha in sé anche “istinti originari ed idiosincratici della persona, che non sono accessibili ad un’analisi esclusivamente razionale”. La storia personale e collettiva rappresenta il nuovo punto di partenza di un metodo fenomenologico: quello storico, interpretato come “il movimento vivente della comunanza e della vicendevole implicazione delle formazioni originarie di senso e delle sedimentazioni di senso. (E. Husserl, “Introduzione all’etica”, Laterza, 2019)

La prima opera di Husserl: Filosofia dell’aritmetica (1891) è dedicata a Brentano, riprendendo il concetto di intenzionalità, come carattere costitutivo degli atti psichici che tendono verso il loro oggetto. Il numero deriva da un atto della mente che dirige intenzionalmente la sua attenzione su molteplicità di oggetti aggregati (esempio: insieme di mele). È accusato di psicologismo. In: “Ricerche logiche” (1900-1901), afferma che le leggi che descrivono i processi psicologici sono generalizzazioni che partono dall’esperienza, che non hanno validità necessaria ma sono modificabili in base all’accertamento dei fatti empirici. I principi logici e matematici al contrario sono veri e necessari, ma la loro verità deve essere atemporale, cioè non riducibile ad accertamenti empirici di relazioni di coesistenza e di successione di atti psichici. La logica pura, che non si fonda su basi empirico-psicologiche, deve essere la teoria di ogni possibile tipo di ragionamento, per determinare le condizioni ideali di possibilità della scienza in generale.

Nel lavoro: “Sull’origine della geometria” (ed. 1939, or. 1936), l’autore scrive che le ricerche devono essere storiche, in quanto “l’apriori storico costituisce (…) la sorgente universale di tutti i problemi pensabili concernenti la comprensione”.La questione essenziale è legata al fondamento morale e razionale che spinge l’uomo ad agire. Ed allora, l’obiettivo sta nell’esplicitazione della nostra storia personale e collettiva al fine di rendere noto e razionale il fondamento epistemologico e sensibile delle nostre azioni. Esplicita il concetto di Beruf (lavoro) individuale: “ogni uomo agisce in maniera corretta quando opera come deve, ovvero come la sua anima, la sua inclinazione, la sua persona, intesa in senso pieno, gli comanda di agire”. Ma ogni individuo non è semplicemente un uomo, esso è un essere umano, che deve armonizzarsi con il Beruf (lavoro) degli altri individui.

L’ideale per la filosofia è realizzare la conoscenza attraverso il metodo fenomenologico. Nelle opere: “La filosofia come scienza rigorosa” (1911) e: “Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica” (1913), Husserl afferma che la filosofia deve essere rigorosa per raggiungere criticamente un fondamento dotato di evidenza assoluta. Occorre partire dalla natura, dal mondo come una serie di fatti ovvi, che permettono alla conoscenza di raggiungere fatti oggettivi e indiscutibili. Ciò si può fare con un atteggiamento costruttivo, fenomenologico, con l’assunzione di un atteggiamento riferito alla soggettività: non assumo il mondo che mi è dato in quanto essente, ma lo colgo come insieme di fenomeni che si danno alla coscienza e ai quali la coscienza si rapporta come ad oggetti che essa intenziona ai propri atti. Si tratta di apprendere a guardare le cose nel loro costituirsi come fenomeni in relazione alle esperienze vissute (erlebnisse). Il programma di Husserl è di tornare alle cose stesse, non con lo sguardo di chi le coglie nella loro accidentalità, bensì verso le loro essenze. L’affermazione è: se abbiamo un tavolo, metto tra parentesi l’esistenza del tavolo e lavoro sulla sua essenza. Cartesio aveva voluto affermare l’esistenza del tavolo, del mondo esterno; la fenomenologia è invece un puro guardare: posso e devo dubitare che esso esista, ma non posso dubitare che lo sto vedendo. È questo il principio dei principi. Ma fondare la conoscenza sulla riduzione eidetica non basta, perché le essenze sono i correlati intenzionali degli atti di coscienza, che possono essere fatti oggetti di riflessione. Grazie alla riflessione, ogni vissuto (erlebnis) può essere colto ed analizzato, differenziato. Analizza i tre stadi della realtà: cose materiali; corpo proprio; psiche. Il mondo che sta di fronte al soggetto dipende dal corpo proprio e dalla psiche, e quest’ultima, caratterizzata dalla storicità, costituisce il vero. L’io però presuppone il tu, l’altro, il mondo.

Nel volume: “Meditazioni cartesiane” (lezioni del 1929, pubblicate nel 1931), il filosofo rileva il passaggio dall’oggettività spontanea al soggettivismo trascendentale. L’io sono cartesiano, trasformato in sostanza pensante, è diverso dall’io trascendente che non è disgiunto dalle esperienze vissute, i momenti di vita della coscienza e le possibili forme che essi assumono (evidenza originaria). Per Husserl il mondo e le cose assumono significato attraverso l’io, e siccome la soggettività è l’universo della possibilità di senso, la soggettività è trascendentale nel senso che trova evidenza nell’io trascendentale (idealismo trascendentale). Ciò permette di superare il problema del solipsismo e di conferire un carattere universale alla fenomenologia. Di fronte alla questione dell’essere-nel-mondo di Heidegger, Husserl pone il mondo-della-vita, in: “La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale” (conferenze del 1935, in un volume pubblicato postumo nel 1954). Le scienze contemporanee, che attraversano la crisi della vita dell’umanità europea, di fatto prescindono dal soggetto che effettua l’indagine scientifica, come pure accade per le scienze dello spirito e per il criterio di avalutatività. Afferma che le battaglie spirituali dell’umanità sono lotte tra filosofie scettiche e le vere filosofie. L’umanità consiste nell’essere uomini entro organismi generativamente e socialmente connessi, e se l’uomo è razionale lo è anche tutta l’umanità. Solo attuando il labenswelt (mondo-della-vita), la vita, che ha esperienza nel mondo prima di qualsiasi formazione di categorie e giudizi, permette di realizzare il fondamento e la fonte delle conoscenze stesse delle scienze. È il regno delle evidenze originarie, esperite nella loro immediatezza e comuni a tutti gli uomini in quanto soggetti conoscenti. Tramite la fenomenologia si costruisce la fonte ultima di tutte le informazioni conoscitive per costruire una filosofia universale fondata in maniera pura e definitiva. Con essa si può recuperare il fine (telos) della ricerca e realizzazione di un’umanità interamente e liberamente fondata sulla ragione.

Roberta De Monticelli, filosofa fenomenologa, nelle sue opere su Husserl ha superato l’immagine che vede la fenomenologia semplicemente ancorata all’esperienza vissuta. Essa è al contrario quello sguardo sull’esserci che tenta di cogliere le somiglianze e le differenze nelle diverse forme dell’esperienza, che tenta di cogliere le strutture dell’esperienza e le sue invarianze. La fenomenologia è anche scoperta e struttura di contenuti, “la scoperta del dono dei vincoli”, nel rapporto sempre con l’altro: disponendosi all’ascolto, in una posizione di “profonda ricettività nei confronti del dato” occorre lasciare all’altro la possibilità di manifestarsi secondo il proprio modo di essere. Occorre ricercare quella “struttura di vincoli alle variazioni possibili” che costituisce la sua essenza. È solo in questo modo che si supera il mero ascolto empatico e si può cogliere la struttura di invarianza” di quella particolare persona, l’insieme di regole che ne organizzano la sua forma di esistenza. Questo è il punto di partenza della fenomenologia, che non è utile soltanto al filosofo che voglia interrogarsi sulla natura delle cose e dell’uomo, ma anche a tutti coloro che agiscono. L’uomo “deve vedere con i propri occhi, toccare con le proprie mani, sentire con il proprio cuore e pensare con la propria testa”. (R. De Monticelli, “Il dono dei vincoli. Per leggere Husserl”, Garzanti, 2018, p. 134)