La Sirena, la due giorni di Luca Zingaretti al Chiostro del Duomo.

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Due serate nella suggestiva cornice del Chiostro  al Duomo di Salerno con la voce narrante di Luca Zingaretti hanno  visto coinvolto in un silenzio attento e  carico di emozione il pubblico  salernitano  27 e 28 giugno ,  accorso per un Festival  del teatro  importante e necessario che  in tutta la Regione sta riscuotendo grande  successo”Napoli Teatro Festival” con la direzione artistica di Ruggero Cappuccio.

I reading  non sempre attirano il grande pubblico, che preferisce azioni, movimento, scene  dinamiche , e che invece  in questa  performance , gradiva non finisse più  quell’immagine collettiva,  che la magistrale interpretazione  letta e recitata  allo stesso tempo da questo grande attore , ha  riportato  in quell’autunno del 1938 , in cui due uomini si incontrano in una Torino fredda  e gelida:  Paolo Corbèra nato a Palermo, giovane laureato in Giurisprudenza,  redattore de “La Stampa” e Rosario La Ciura di Aci Castello , settantacinque anni, senatore, tra i più illustri ellenisti del tempo, autore di una stimata opera di alta erudizione e di viva poesia.

Nel racconto ,  illuminato soltanto da un faro su Luca Zingaretti che tra voce , mani e  gestualità  circolare  ne leggeva la storia  e la fisarmonica di Fabio Ceccarelli,  era reale  vedere quel  modesto alloggio di via Peyron dove il redattore  Corbèra viveva tra delusioni amorose e  i misantropia, così come il   vecchio palazzo malandato  di via Bertola, dove invece abitava il senatore grecista. «La Sirena è un immaginario viaggio, geografico e temporale tra il Nord e il Sud, attraverso cui emerge un mondo costruito sulla passione e l’estasi», racconta Zingaretti, scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa,   noto soprattutto per “Il Gattopardo “ma  , che in questo racconto tratto da  “Lighea” ,  colora la Sicilia , il sud  e le storie  di un paese Italia  sofferente, ma che nel sogno , nella passione trova la sua energia per  risorgere.

I due sconosciuti si incontrano in un caffé e, poco a poco, entrano in una garbata e cordiale confidenza immersi in continue  riflessioni erudite, dialoghi  e battute tra il cinico e l’ironico,  facendo scivolare sulle loro vite  il tempo .

Un crescendo vocale, sonoro e  dinamico che  avvolge  lo spettatore in una visione corale  di ciò che lega l’attore  al testo e al suo pubblico. Erano tutti lì ad Augusta , a Torino, in quel bar  e poi nel mare di Sicilia , immersi negli abissi  con la Sirena ammaliante ,  tra l’odore del pescato e la a schiuma delle onde infrante sugli scogli sotto l’Etna.  Sì,  nella magia  che  solo il Teatro, anche all’ aperto, ma  al buio,  con un campanile  normanno imponente a ricordare  la rigidità del tempo e le nuvole passeggere a marcarne invece la leggerezza e la sua  fluidità, erano tutti lì assorti e rapiti, fino a quel momento in cui  ,dal buio la luce ,  li ha riportati  alla realtà , con l’applauso finale , che  rende grazie all’attore e al Maestro musicista , senza titoli di coda ma come in un film.

Gilda Ricci