Frutta a guscio, incontro a cura di Copagri

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“Quella della frutta in guscio, e in particolare del nocciolo, è una filiera di grande rilevanza per l’agricoltura del Paese, che ha vissuto una crescita costante negli ultimi anni, trainata dalla crescente domanda dei prodotti destinati al consumo diretto e alla trasformazione e dall’aumento della produzione, sia in termini di superfici che di quantità”.

Lo ha ricordato il presidente della Copagri Tommaso Battista concludendo i lavori dell’incontro finale del progetto triennale “Giornata di studi sul nocciolo”, promosso dalla Copagri Campania in collaborazione con CREA, CNR-ISAFOM e CNR-IPSP, al quale sono inoltre intervenuti, fra gli altri, l’assessore regionale all’agricoltura Nicola Caputo e i presidenti della Copagri regionale Salvatore Ciardiello e provinciale Angela Pisacane.

“La corilicoltura è in espansione in diverse aree del Paese, grazie alla sempre più avvertita necessità di strutturare una filiera italiana, ma anche in relazione alla elevatissima qualità delle cultivar italiane e alle numerose proprietà salutistiche e nutrizionali di un prodotto sempre più richiesto, il cui utilizzo quotidiano favorisce la difesa da diverse malattie metaboliche” ,ha proseguito il presidente della Copagri.

“Con una produzione concentrata in Piemonte, Lazio, Campania e Sicilia che nel 2023 ha sfiorato le 115mila tonnellate, in aumento del 15% su base annua, l’Italia è il primo produttore di nocciole a livello UE e il secondo nel mondo dopo la Turchia”, ha osservato Battista, facendo notare che “nonostante questi numeri, il settore non riesce a soddisfare il fabbisogno interno, spianando la strada all’entrata di nocciole da Turchia, Georgia e Azerbaigian e a un pesante deficit commerciale pari a circa 700 milioni di euro”.

“È evidente che esiste una grande opportunità di aumentare il potenziale produttivo delle nocciole e della frutta in guscio italiana”, ha continuato il presidente, ad avviso del quale “questa strada è percorribile puntando sulla ricerca e sull’innovazione, mediante il coinvolgimento delle università e l’incentivazione di pratiche agronomiche sempre meno impattanti che permettano di affrontare le problematiche fitosanitarie e le ricadute del climate change, ma anche favorendo l’abbattimento dei costi di produzione, con la meccanizzazione parziale o integrale delle operazioni agronomiche a più elevata richiesta di manodopera”.

“Il futuro della corilicoltura – ha concluso Battista – passa poi da una sempre maggiore promozione delle produzioni a denominazione d’origine, rafforzando il ruolo dei consorzi di tutela e approfittando delle innumerevoli possibilità offerte dal nuovo Regolamento UE sulle Indicazioni Geografiche per prodotti agroalimentari, vini e bevande spiritose, con il quale vengono assicurati maggiori poteri ai produttori e una notevole semplificazione del processo di registrazione delle IG”.