“Il cibo artificiale: opportunità o minaccia? Il convegno dell’AMMI all’Ordine dei Medici.

A spiegare che è tecnicamente un errore chiamare ‘cibo sintetico’ la carne coltivata in laboratorio è stato il dottor Roberto Defez, primo ricercatore all’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del CNR di Napoli, dove dirige il gruppo di ricerca di Biotecnologie microbiche, membro dell’Accademia dell’Agricoltura e dell’Accademia dei Georgofili, da anni coinvolto nel dibattito pubblico sulla validità degli OGM che è stato uno dei relatori del convegno “Cibo artificiale: opportunità o minaccia? L’Italia e il suo patrimonio enogastronomico tra sostenibilità e tradizioni” organizzato nella grande sala dell’Ordine dei Medici di Salerno dalla Sezione Provinciale dell’AMMI -Donne per la Salute, l’associazione presieduta dalla dottoressa Maddalena D’Acunto Savoia, che, nel titolo del convegno ha richiamato il tema nazionale dell’AMMI:” Un tema molto attuale che riguarda le tematiche dell’etica, del sociale, dell’uomo, dell’alimentazione e dell’ambiente. Per tutelare la nostra salute è importante sottolineare l’attenzione che viene messa nella produzione del nostro cibo tradizionale, nel pieno rispetto dell’ambiente e delle nostre tradizioni peculiari. È anche importante valutare attentamente gli effetti a lungo termine dell’utilizzo delle nuove tecnologie alimentari, considerando sia i potenziali benefici, sia le possibili minacce che potrebbero rappresentare per la salute e l’ambiente”.  Il dottor Robert Defez ha spiegato che invece di cibo sintetico è corretto dire “carne coltivata”, oppure “agricoltura cellulare”. È sintetico quello che è il risultato di processi in cui si utilizzano composti e reazioni chimiche, ma nel caso della carne coltivata si utilizzano cellule staminali che in laboratorio vengono fatte differenziare per produrre muscolo. Sono cellule che hanno a disposizione un infinito numero di replicazioni”. Il dottor Defez ritiene che il nostro Paese non scommetta sul futuro:” È un paese che non crede nelle innovazioni, nella capacità dei suoi ricercatori di aprire nuove strade. Proporre soluzioni innovative significa anche incrementare attività di ricerca e di imprenditoria innovativa che produce nuova occupazione qualificata. Ci sono società internazionali che stanno investendo centinaia di miliardi di dollari sulle nuove tecnologie: tirarsi fuori prima di cominciare mi sembra strano, anche perché poi le importiamo comunque, come ad esempio la farina di grilli o la carne coltivata, se ci sono ristoranti di fast food che si dichiarano Cruelty-free, ossia che utilizzano prodotti che non danneggiano gli animali, i ragazzi vanno lì. Non vogliamo buttare via la nostra tradizione, ma ristrutturarla!”.  Di tutt’altra idea il giornalista enogastronomico Luciano Pignataro, docente al Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli, Ambasciatore della Dieta Mediterranea che ha parlato della tipicità come valore culturale e commerciale:” La tipicità non è un concetto statico, ma varia da generazione in generazione e nel tempo: ciò che oggi riteniamo tipico, non lo era nel passato. Ad esempio il pomodoro, che è arrivato dall’America, i fagioli, le melanzane, la colatura di alici, la mozzarella di bufala, sono considerati prodotti tipici: in Italia siamo tra i principali produttori mondiali di kiwi anche se non è considerato un nostro prodotto tipico. In questo mondo globalizzato, sempre connesso, lo spazio per la tipicità, per il lavoro e la vita artigianale, sta diminuendo sempre di più. L’Italia dovrebbe investire maggiormente in ciò che viene ritenuto tipico: la tipicità ha un valore e una funzione identitaria. Seguendo il principio della territorialità   e della stagionalità, si consumano prodotti meno trattati chimicamente e quindi più salutari. La tipicità è importante anche dal punto di vista commerciale e turistico: tanti sono i turisti che vengono in Italia per visitare i territori della Toscana. La tipicità deve essere vista come un’opportunità ed è quindi fondamentale rispettarla e tutelarla riprendendo anche alcune vecchie abitudini come quella di consumare solo i prodotti di stagione”. Riguardo al “cibo artificiale” Pignataro ha spiegato che non è conveniente assecondare la tendenza di consumare questo cibo:” Siamo considerati un popolo che ha molto da dire sui prodotti genuini, di qualità: abbiamo una diversità di prodotti che rappresentano la nostra ricchezza”.  A moderare l’incontro è stato il professor Gaetano Guerra, Ordinario di Chimica Industriale al Dipartimento di Chimica e Biologia dell’Università di Salerno che ha spiegato l’importanza di bilanciare tradizione e innovazione:” Altrimenti si rimane indietro. Bisogna guardare al futuro con ottimismo”. A portare i saluti del dottor Giovanni D’Angelo, Presidente dell’Ordine dei Medici, è stato il Vicepresidente, il dottor Attilio Maurano,  Direttore  della Unità Operativa Complessa di Endoscopia Digestiva dell’Azienda Universitaria Ospedaliera Ruggi di Salerno, che ha sottolineato l’importanza di assumere corretti stili di vita anche nel campo dell’alimentazione :” Il mangiare sano, il mangiare bene, sono un’ arma per conservare lo stato di salute: già i  precetti della Scuola Medica Salernitana consigliavano di consumare prodotti naturali”.

Aniello Palumbo