A Bracigliano, alla vineria “Cicerenella”, “La Banda Marino” di Angelo e Rosanna Gentile

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“Omm’ s’ nasc’ brigant’ s’ mor’. Ma fin’ all’utm’ avimm’ a sparà. E se murim’ menat’ nu fior’. E ‘na bestemmia pe’ ‘sta libertà!”. Sono i versi della struggente canzone di Eugenio Bennato, scritta con  Carlo D’Angiò,  che è stata magistralmente interpretata dalla band “Anema Folk”, grazie alla meravigliosa voce di Angela Ferrentino, accompagnata  dalla tammorra di Giovanni Salvati, dalla chitarra di Antonio Calabrese, dal violino di Mario Petacca  e da Mario Provitera che ha suonato  il “putipù” durante la presentazione del libro “La Banda Marino – La Resistenza antiunitaria nel Cilento tra conquista coloniale rivolta popolare e brigantaggio”, scritto dal professor Angelo Gentile, edito da D&P Editori, impreziosito dal racconto scritto dalla giornalista Rosanna Gentile che  s’intitola:” La Guerra di Cola” – Storia di un Brigante”:” E’ il  racconto del Brigante di Centola, Nicola Marino, che operava nella zona del Mingardo, Bulgheria, Sanza e Montesano,   e dell’ amore per la sua donna Marzia,  che fu anch’ella arrestata con l’accusa  di brigantaggio,  ma  anche per tutte  le altre donne che aveva avuto, tra le quali la prostituta  Maria,  e dell’amore per il suo cane Ursus, addestrato a percepire i potenziali pericoli e ad avvertire il suo padrone mettendoglisi accanto”. Rosanna Gentile, che ha disegnato la copertina del libro, ha spiegato di aver voluto evidenziare nel suo racconto il profilo umano del brigante Marino:” Ho immaginato un dialogo con sé stesso, tra mente e cuore del brigante cilentano”.   Il libro è stato presentato in un’antica corte  del Comune di Bracigliano, che la gente del posto ha sempre chiamato ’a curtella, come ha spiegato  Mario Provitera, presidente dell’associazione “Khorakhanè”, che in quella corte ha aperto la vineria “Cicerenella”: Le famiglie che abitavano la “Curtella” agli inizi del 900, il  cui vanto era “il maiale grosso” avevano il bagno in comune e  dedicavano poco spazio agli ambienti della loro casa: la cucina, le camere da letto; tanto spazio invece era dedicato alla cantina”. Anche il Sindaco del Comune di Bracigliano, il dottor Gianni Iuliano, ha ricordato che nelle antiche corti di Bracigliano: “Paese della musica e delle ciliege”, le famiglie si riunivano e lavoravano il grano, preparavano le bottiglie di pomodoro ed anche il vino:” Partecipavano in maniera corale tutti gli abitanti della corte che si aiutavano vicendevolmente. Si stanno riscoprendo queste corti con attività che associano gastronomia e musica: la nostra Amministrazione sta cercando di dare loro nuovo impulso”.

Sono intervenuti il presidente e il tesoriere dell’Associazione “Briganti dell’Orco” di Castel San Giorgio: l’avvocato Pasquale Zambrano ha ricordato la mission e i tanti eventi organizzati presso la sede dell’associazione da lui presieduta:” Attraverso la memoria storica e la valorizzazione della nostra cultura identitaria vogliamo risvegliare il nostro popolo meridionale: siamo dei “briganti” della cultura”. Il Tesoriere Biagio Salvati ha ricordato che il “Regno delle Due Sicilie” governò l’Italia meridionale e la Sicilia tra il 1816 e il 1861:” Tante opere sono state costruite dai Borboni. Bisogna riappropriarsi della propria storia e della propria identità”. Il libro del professor Gentile analizza in modo approfondito il fenomeno del brigantaggio:” Uno dei fenomeni della guerra per il Mezzogiorno che coinvolse tutte le province meridionali”. Gentile, già Dirigente Scolastico in vari istituti del territorio salernitano, Past President del “Rotary Club Salerno Nord dei Due Principati”, ha ricordato che anche sul territorio di Bracigliano c’erano i briganti:” Dal 1861 al 1868 ha operato il brigante Andrea Santaniello, ex sergente dell’esercito borbonico, nella zona di Castel San Giorgio, Sarno, Nola e nel Beneventano.  C’è stato anche Angelo Sarno, di Bracigliano; Giovanni Petta e Giovannantonio Pannone, che operavano verso Nocera Superiore; Carmine Nocera   e Pasquale D’Angelo che operavano nella zona di Sarno; Crescenzo Gravina, che operava nella zona di Castel San Giorgio, Siano, San Marzano e Forino; Ciccio Cianci, nella zona di Calvanico, Mercato San Severino, Senerchia e San Cipriano; Antonio Cozzolino, alias Pilone, nella zona di Angri e Sabato Capuano nella zona di Sarno”. Gentile ha parlato anche delle brigantesse che sostenevano i propri uomini:” Qualcuna sparava anche”, e ricordato che:” Il Regno delle Due Sicilie, nel 1860, era il primo Stato europeo per flotta mercantile e militare (secondo al mondo); nel 1861 era il primo Stato industrializzato in Italia; era anche il primo Stato per il commercio e il primo Stato per numero di stazioni telegrafiche”. Gentile, ha anche ricordato che il libro è frutto di cinque anni di ricerche:” Nella Biblioteca Provinciale di Salerno che è stata una delle prime biblioteche nate in Italia: la più antica. In questa biblioteca, e presso l’Archivio di Stato di Salerno, ho iniziato le mie ricerche storiche partendo da una lirica scritta nel 1904 da mio nonno, lo scrittore Salvatore Gentile, che la dedicò al fratello Enrico, morto di colera nel 1884: parlava del brigante Cola Marino”. Approfondite le ricerche dell’autore effettuate negli archivi storici di tutta Italia: oltre a Salerno, anche a Torino, Napoli, Campobasso, Potenza, Benevento:” In questi archivi ho consultato un notevole numero di documenti, diretti e indiretti; nei paesi del Cilento ho anche raccolto testimonianze verbali”.  Gentile, che non è un filoborbonico: “Sono uno studioso di storia che cerca la verità”, ha raccontato che dal 1861 al 1870 molti paesi del nostro territorio di ribellarono all’esercito: “Furono 1541 i paesi che si ribellarono: solo nel salernitano c’erano 115 bande armate: non si può parlare di una rivolta popolare, ma di una vera e propria guerra civile”.  Gentile che chiama i briganti “resistenti”, ha anche raccontato che i garibaldini non erano 1000:” Erano almeno 60.000”.  Il professore Gentile ha anche raccontato che:” Cavour diceva che era necessario   imporre l’Unità “alla parte più corrotta, più debole dell’Italia” imponendo all’’ex Regno di Napoli le leggi, i funzionari piemontesi, la moneta, i pesi e le misure, il sistema scolastico e giudiziario, cancellando l’esistente e, per far accettare al popolo i cambiamenti radicali usò l’Esercito”.  Gentile ha concluso affermando:” Fino al 1866   non possiamo chiamarli briganti, ma patrioti votati alla difesa di un’idea nazionale”. (Foto Vincenzo Russo).

Aniello Palumbo