PERCORSO FEMORE TEMPO ZERO:UN MODELLO DI INTEGRAZIONE TRA UNIVERSITA’ E OSPEDALE”

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“Giù’ le mani da Ortopedia! Non consentiremo a nessuno di scherzare con Ortopedia Universitaria – Ospedaliera, con i Corsi di Laurea in Medicina, in Fisioterapia e in Odontoiatria: tutti sono benvenuti, tutti possono venire e trovare condizioni idonee per lavorare, ma senza poter pensare di dettare regole o quant’altro. Quando diventeranno primi in Italia sulla didattica e sulla ricerca, allora cominceremo a ragionare, per il resto sono tutte chiacchiere. Tutti quelli che vogliono venire a lavorare con impegno nell’Azienda Ospedaliera Universitaria, come fanno i settanta colleghi del Dipartimento di Medicina o i tanti colleghi ospedalieri e tutti quelli che lavorano nell’Ospedale, con grande spirito di sacrificio, va bene, ma che si venga a stravolgere tutto, non lo possiamo accettare”. E’ questo il messaggio lanciato con forza e determinazione dal Rettore dell’Università di Salerno, Aurelio Tommasetti, durante il suo intervento al convegno “Percorso Femore Tempo Zero: un modello di integrazione Università – Ospedale”, organizzato nell’Aula Scozia dal professor Nicola Maffulli, Ordinario del Dipartimento di Medicina dell’Università di Salerno; Primario della Divisione Clinica – Ortopedica dell’Azienda Ospedaliera e Presidente della Facoltà di Fisioterapia, con la Segreteria Scientifica composta dai dottori: Francesco Bruno, Giovanni Criscuolo, Attilio Giuliano, Maria Mauro, Giovanni Oliviero ed Ernesto Prisco, durante il quale è stata sottolineata l’importanza dell’integrazione tra Università ed Ospedale e di come il “Percorso Femore Tempo Zero”, che ha consentito di trattare chirurgicamente oltre il 60% dei pazienti ricoverati per frattura prossimale di femore entro 48 ore dal ricovero, sia un modello da seguire. ”Dopo un periodo di sperimentazione (ottobre e dicembre 2016), questo “Percorso” ha prodotto a oggi risultati davvero sorprendenti grazie all’impegno dei miei collaboratori e al costante coinvolgimento di colleghi anestesisti, radiologi, ematologi, ospedalieri, farmacologi, e ingegneri gestionali dell’Università. Grazie a tutti loro siamo riusciti ad operare nelle 48 ore il 62,5% dei pazienti con frattura prossimale di femore mentre nel 2015 si riusciva ad operarne solo il 5%”- ha spiegato il professor Maffulli- “ Abbiamo anche il record di un paziente ricoverato alle 8,30 e uscito dalla Sala Operatoria alle 12,00. Tutto questo è possibile grazie all’integrazione totale dei servizi che offre l’Ospedale e alle capacità di ricerca e organizzative dell’Università”.

Il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera, l’avvocato Nicola Cantone, ha ricordato com’è stato avviato il “Percorso Femore: ” Sono arrivato in un’Azienda sconquassata, per tutta una serie di vicende anche di carattere giudiziario. Il Governatore De Luca, che crede fermamente nelle possibilità della Campania, in una riunione manifestò la sua volontà di risollevare la nostra Regione che era ultima in graduatoria nella griglia dei LEA, dove c’era la frattura di femore degli Over 65. In tempi rapidi il professor Maffulli e il dottor Francesco Bruno, hanno messo in campo un protocollo virtuoso, il “Percorso Femore”, utilizzando le professionalità e le risorse umane che avevamo e che tutt’oggi abbiamo disponibili perché siamo ancora in carenza di personale. Siamo stati autorizzati a un reclutamento straordinario per 120 unità, ma ne mancano ancora 600 come previsto dal nostro Piano Aziendale. Ci avviamo a mettere in campo questo percorso virtuoso anche per l’infarto del miocardio, per l’ictus e per le malattie oncologiche per invertire un trend negativo legato esclusivamente a delle scellerate scelte di politica nazionale come quella del blocco del turnover in Campania”. Il dottor Mario Capunzo, Direttore Dipartimento Medicina e Chirurgia UNISA, ha ribadito che l’Azienda Ospedaliera è una struttura che funziona: “Nonostante tutto ciò che di negativo si è detto nel passato. Il ruolo e l’apporto del professor Maffulli è stato fondamentale. Ciò che è stato fatto in Ortopedia con il “Percorso Femore” può essere preso a modello ed essere ripetuto in altri campi, ma non è pensabile che ciò avvenga senza le risorse necessarie, come personale medico e adeguamento strutturale”. Il Direttore Sanitario dell’Azienda Ospedaliera, Nicola Silvestri, ha precisato che: “L’obiettivo raggiunto con questo Percorso più che un obiettivo di tipo aziendale è un obiettivo di salute raggiunto per i cittadini perché questo Percorso aggiunge anni e qualità di vita ai soggetti con fratture di femore. Questa è una Sanità diversa che vede la partecipazione allargata di più professionalità per raggiungere un unico obiettivo”.

A moderare la prima sessione d’interventi, sono stati il professor Alberto Schiavone Panni di Napoli e il professor Salvatore Gatto che ha ribadito l’importanza dell’integrazione tra Università e Ospedale: “Questo è uno dei motivi per cui gli studenti di Medicina di Salerno sono preparatissimi e tutti superano i concorsi di specializzazione”. Il Professor Giovanni Iolascon, uno dei maggiori esperti mondiali di Osteoporosi, ha ricordato che il 27% della popolazione italiana è over 60 e spiegato che l’osteoporosi favorisce la frattura del femore: “In Italia ci sono oltre centomila fratture di femore ogni anno. Tre fratture su quattro si verificano in pazienti con oltre ottant’anni. Sono in aumento i soggetti affetti da osteoporosi e quindi le fratture di femore”. Il dottor Alfonso Bernardo, dello Staff della Direzione Sanitaria, ha illustrato come si calcolano gli indicatori sanitari previsti dai LEA per le fratture di femore e ricordato il lavoro fatto dal professor Maffulli: “Ottenere questo risultato in una struttura dove vengono ricoverati oltre 500 pazienti con fratture di femore l’anno è straordinario”. Il dottor Vincenzo Monaco ha raccontato il lavoro che si sta facendo presso l’Unità Operativa dell’Ospedale Santa Maria dell’Olmo di Cava Dè Tirreni dove ci sono delle difficoltà assistenziali per mancanza di servizi. La professoressa Amelia Filippelli Farmacologa dell’Università di Salerno, ha spiegato che i pazienti che si sottopongono a un’operazione di frattura di femore essendo per lo più anziani, hanno più problematiche per le quali prendono molti farmaci: “Noi “aggiustiamo” la terapia precedente a quella che sono costretti a fare durante l’intervento in modo tale che non vi siano reazioni avverse”. Il dottor Renato Gammaldi, primario di Anestesiologia, ha spiegato che in un paziente anziano, che deve essere operato nelle 48 ore: ”Bisogna sviluppare delle procedure che possano consentire un trattamento rapido del paziente che per patologie concomitanti, potrebbe aver assunto farmaci antiaggreganti e anticoagulanti”. Il Primario del Centro Trasfusionale, il dottor Rosario Colella Bisogno, ha spiegato che il supporto trasfusionale è fondamentale per chi subisce quest’operazione “E’ importante avere a disposizione molto sangue e quindi che i familiari vengano a donarlo”. Il dottor Lucio Cannaviello, Responsabile dell’UOC di Medicina Riabilitativa dell’Azienda Ospedaliera, ha spiegato che bisogna far comprendere ai pazienti anziani che subiscono una frattura di femore: “Che dopo l’intervento potranno tornare a camminare e a fare tutto quello che facevano prima”. Il dottor Giuseppe Mastroroberto, responsabile dell’UOC di Medicina Riabilitativa dell’Ospedale Da Procida, ha sottolineato l’importanza di lavorare in rete. Durante la seconda sessione, moderata dai professori Mariconda e Gigala, sono intervenuti il dottor Forte, Fisiatra, che ha parlato della rete riabilitativa sul territorio e di assistenza domiciliare integrata. La dottoressa in Fisioterapia Roberta Palumbo, ha spiegato i risultati del suo studio sperimentale svolto tra ottobre e dicembre 2016 nell’ambito del “Percorso Femore Tempo Zero”: “Dalla raccolta dei dati si è visto che i pazienti operati nelle 48 ore riuscivano a muoversi prima, con una deambulazione migliore e più fluida”. Il laureando in Medicina Rocco Aicale ha presentato la sua tesi sperimentale in Medicina, scritta in inglese, che discuterà a luglio, sulla maggiore frequenza di mobilizzazione del chiodo cefalico a seguito d’inchiodamento femorale. Il dottor Giuseppe Toro, specializzando in Ortopedia, ha presentato i risultati di una sua ricerca sul ruolo che hanno i geni dei gruppi sanguigni nella patogenesi delle fratture di femore prossimale.

Aniello Palumbo