Sottraevano fondi destinati ad emergenza immigrazione, GdF arresta 2 dirigenti di una onlus. Coinvolti anche due esponenti della Caritas di Teggiano. Cantone: sono esterrefatto.

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Immigrati:Salerno, nave con 1400 personeNel pomeriggio di sabato 23 maggio è stata data esecuzione all’ordinanza applicativa di misure cautelari nei confronti di due persone, De Martino Alfonso e Carnevale Rosa, il primo sottoposto alla misura della custodia in carcere la seconda a quella degli arresti domiciliari, indagati per una molteplicità di reati che vanno dalla truffa aggravata al peculato, dall’appropriazione indebita aggravata all’associazione per delinquere.

L’ordinanza è stata emessa dal Gip di Napoli a seguito di indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Napoli e coordinate dalla VII sezione della Procura di Napoli, ed è stato necessario darvi esecuzione anticipata perché gli indagati erano in partenza per il Montenegro.

Le investigazioni, avviate da tempo su un vasto giro di complicità e collusioni nella gestione illecita dei fondi pubblici destinati alle spese necessarie per l’accoglienza e l’assistenza dei migranti, in forza di convenzione stipulata tra l’associazione ed il soggetto attuatore della Regione Campania, si sono focalizzate sulla Onlus denominata “Un’ala di riserva” gestita dai due coniugi colpiti dall’ ordinanza e hanno consentito di accertare una serie di numerose condotte illecite tutte volte in ultima analisi a consentire l’appropriazione personale delle somme destinate agli scopi di legge ed il loro reimpiego verso acquisti immobiliari ed attività economiche all’estero. Con la stessa ordinanza il Gip ha altresì disposto il sequestro di alcuni immobili e di diversi conti correnti bancari.

La Regione Campania, per la complessiva gestione dell’emergenza in oggetto, ha elargito fondi della Presidenza del Consiglio dei Ministri per un totale di circa 56 milioni di euro. Le più ripetute condotte, tra quelle finora accertate, sono consistite :

– nell’attestare falsamente, anche mediante false fatturazioni, l’esecuzione delle prestazioni cui si era obbligati in virtù della predetta convenzione mentre in realtà non venivano forniti nei confronti dei migranti affidati all’associazione “Un’Ala di Riserva” i servizi previsti dalla convenzione;

– nell’ attestare falsamente la presenza dei migranti nelle strutture destinate all’accoglienza;

– nel fornire ai migranti, quando effettivamente ospitati, in luogo delle prestazioni a cui si era tenuti, una minima somma in contanti oltre alla saltuaria erogazione di vitto, alloggio e alla fornitura dei capi di abbigliamento strettamente indispensabili.

– nel prelievo sistematico di consistenti somme di danaro destinati al pagamento degli immobili personali, alla corruzione di pubblici ufficiali o ad altri investimenti economici.

Va sottolineata la piena collaborazione al disvelamento delle attività illecite offerta da diversi dei migranti ospitati, a loro volta penalizzati dalla gestione fraudolenta delle risorse stanziate per fronteggiare la grave crisi umanitaria, peraltro tutt’ora in atto.

Le indagini sono in effetti partite da una denunzia di De Martino Alfonso presidente della onlus, che aveva rappresentato ai carabinieri di Pozzuoli le iniziative violente ed estorsive da parte di due cittadini somali ADEN Sade e ABDULKADIR Mohamed Ibrahim che, a suo dire, si erano presentati presso la sede legale dell’associazione e lo avevano minacciato per costringerlo a consegnare loro somme di denaro.

I due migranti furono quindi tratti in arresto dai Carabinieri ma dopo qualche settimana, a seguito degli approfondimenti investigativi subito condotti dal PM , assunte le loro dichiarazioni con le quali spiegarono l’effettiva consistenza della vicenda e chiarirono al P.M. una serie di particolari sulla gestione della Onlus da parte del suo Presidente, vennero scarcerati e si aprì quindi la fase delle investigazioni e dei riscontri, procedendosi ad attività di intercettazioni telefoniche e acquisizione di numerosi documenti .

Anche il De Martino rese dichiarazioni a suo dire chiarificatrici ma nella realtà risultate smentite dai successivi approfondimenti documentali e finanziari. I riscontri effettuati dalla Guardia di Finanza hanno infatti evidenziato l’inesistenza di molte delle prestazioni dedotte nelle fatture giustificative dei costi delle ONLUS tra i quali, a mero titolo di esempio, quelli esorbitanti per “frutti di mare “ oltre alla destinazione per finalitè privatistiche delle somme incassate dalla Onlus .

Peraltro, a sottolineare la carenza di controlli già nelle fase di aggiudicazione delle convenzione, va fatto rilevare che la ONLUS aveva destinato all’ospitalità dei migranti un immobile abusivamente costruito e privo quindi di autorizzazioni. Le investigazioni sono tuttora in pieno svolgimento anche per individuare, attraverso la destinazione delle somme oggetto di appropriazione, le più estese complicità e la rete corruttiva nell’area dei soggetti pubblici e privati gravitanti intorno alle attività dell’associazione “Un’ala di riserva ” sia nella fase della stessa aggiudicazione della convenzione sia nella fase della gestione successiva delle somme erogate.

Anche due esponenti campani della Caritas, compreso don Vincenzo Federico, sono indagati per peculato.

Il procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli e i sostituti Raffaello Falcone e Ida Frongillo affermano che è “verosimile” un coinvolgimento della Caritas di Teggiano Policastro, in provincia di Salerno, che gestisce quattro strutture dove negli ultimi anni sono stati ospitati migliaia di immigrati, provenienti soprattutto dal Nord Africa come quelli accolti nei centri della onlus di De Martino. L’ipotesi investigativa si fonda sul presunto traffico di pocket money (le piccole somme di denaro, 2,5 euro al giorno a ciascun migrante): De Martino si sarebbe impossessato di tali somme acquistando schede telefoniche presso la rivendita di cui è titolare la sua compagna (ben 582.248 pocket money, sottolineano gli inquirenti).

“Massima serenità e piena fiducia nella giustizia auspicando, però, che tutto possa definirsi in tempi rapidi, una rapidità almeno simile alla velocità con la quale, in spregio ad ogni riservo istruttorio, si è dato amplio risalto mediatico ad una ipotesi di accusa”. Lo dichiara l’avvocato Revinaldo Lagreca, legale di don Vincenzo Federico, il responsabile della Caritas Campania indagato nell’ambito dell’inchiesta della procura di Napoli sulla gestione dei soldi.

“L’accusa nei confronti di don Vincenzo Federico – afferma il legale – è, a dir poco, surreale. Si badi, secondo il provvisorio capo di imputazione non è contestata la mancata consegna dei ticket money agli immigrati ma la spendita dei detti ticket money in schede telefoniche. Ora, dopo aver precisato l’ovvio e, cioè, che non siamo titolari di compagnie telefoniche, sarà assai agevole per gli inquirenti verificare che nessuna ricarica telefonica ha interessato la Caritas di Teggiano-Policastro”.

“Auspico – continua l’avv. Lagreca – che tanto si possa fare con massimo puntiglio e velocità a tutela non solo dell’onore e decoro di persone perbene ma, soprattutto, perché la missione che quotidianamente svolgono don Vincenzo Federico ed i suoi collaboratori non può rimanere offuscata neppure da un sospetto”.

“Già in tempi non sospetti – ha aggiunto l’avvocato Lagreca – fu proprio don Vincenzo Federico a segnalare al Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione l’inopportunità di procedere con la consegna dei ticket money perché, cito testualmente: ‘tale situazione favorisce un mercato ‘illegale’ dei pocket money che vengono tramutati in contante trattenendo, da chi lo fa, una illecita provvigione (se mi dai il blocchetto che vale 75 euro ti do 50 euro in contanti)’.

A fronte di tale preciso allarme, che è servito a far mutare il sistema, il procurato vilipendio mediatico è profondamente ingiusto. La Caritas non è meritevole di tanta offesa mediatica. La Caritas – conclude l’avv. Lagreca – con diuturno impegno e dedizione offre il proprio sostegno allo Stato nel fronteggiare l’emergenza immigrazione”.

”C’è da rimanere esterrefatti”. Cosi il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone sull’indagine sulla truffa con soldi dei migranti.

“Se anche il mondo dell’impegno sociale fa registrare questi episodi è chiaro che il livello di diffusione del malaffare è tale che nessuno da solo ce la può fare nel contrasto alla corruzione”. (ANSA)