La panchina distrutta simbolo dell'indifferenza.

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panchinadistruttadi Gilda Ricci

E la panchina è ancora lì… quella distrutta da ignoti “incivili” che per inviare non via mail, non via Facebook, non per lettera scritta a mano, nè a voce, un messaggio di “ divieto di sosta e o permanenza” ad una bag woman che la occupava hanno preferito distruggerla a colpi di scalpelli o martelli non si sa.

La panchina è sita ad incrocio di Piazza Monsignor Grasso a Mercatello e Via Mauri, a cento metri da una Caserma dei Carabinieri, a pochi metri da bar , negozi, panetterie , supermarket, ufficio postale e condomini vari.

Alcuni giorni fa una donna conosciuta in tutta la città con il nome di Letizia, poco più che cinquantenne, nomade per scelta, sostava su quella panchina in condizioni certo non molto igieniche e salubri.

Nessuno era riuscito a convincerla che tornare a casa dalla madre, che pare l’abbia rifiutata, o nella numerose case-famiglia e centri di accoglienza che da anni la ospitano, grazie al premuroso intervento degli operatori dei servizi sociali, fosse una soluzione ai suoi problemi.

Spesso la signora Letizia è stata ricoverata per vari problemi di salute, ma appena riesce a liberarsi dal ricovero , ritorna per strada, cambiando quartiere e panchina a seconda delle sue necessità.

Certo non è possibile vivere così, ma alcuni uomini e molte donne scelgono questa vita quando le nostre vite non sono per loro la “normalità”. Molti cittadini salernitani, e in particolare in questi giorni nel quartiere Mrercatello, si sono avvicinati a lei per offrirle un piatto caldo, una bibita fresca, un panino. Lei a volte accetta a volte rifiuta.

Il suo ultimo appello rivolto alla madre attraverso le emittenti televisive locali e i quotidiani, confermano il suo disagio, il suo malessere. Occorrerebbe prenderne atto e farsi carico del problema sociale di una donna in difficoltà.

Ma per questo da cittadini consapevoli e comunque generosi deleghiamo razionalmente tutto all’assessore di turno, alle Forze dell’Ordine Pubblico, a chi ha ruoli preposti e riconosciuti. Resta l’amarezza dell’impotenza, l’indifferenza di chi cambia marciapiede o gira lo sguardo altrove. Quella di chi non ha strumenti per intervenire o non vuole farsi carico dell’altro, perché troppo impegnato con se stesso. E allora cosa accade in una città che a Ferragosto ha accolto migliaia di turisti, che ha trasformato migliaia di case private in bad and breakfast, che investe sul turismo e sui lavoro del futuro possibile?

Distruggere un bene pubblico , una panchina, in un atto di rabbia ed impotenza che salva le coscienze di tutti: buoni e cattivi, impegnati e distratti. La panchina è sempre lì da giorni , transennata da un semplice nastro bianco e rosso, con i suoi resti ancora sparsi sul marciapiede, tra buste , bottiglie e spazzatura di ogni genere a ricordarci chi siamo e come affrontiamo e risolviamo i nostri problemi di città civile mentre questa donna dai capelli lunghi e pettinati, truccata ogni mattina come se dovesse andare chissà dove si è soltanto spostata su un’altra panchina.

Gilda Ricci