Giffoni, il racconto della settima giornata, De Luca, Elena Sofia Ricci, il direttore di Paestum Zuchtriegel, Emis Killa e Carmine Di Giandomenico tra gli ospiti.

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Giffoni 2019 incontra il presidente della Giunta regionale della Campania, Vincenzo De Luca, arrivato in Cittadella, ha visitato la Multimedia Valley, ha avuto modo di toccare con mano il pregio delle strutture realizzate nell’ambito della programmazione comunitaria e che hanno consentito a Giffoni di avere spazi, luoghi ed attrezzature adeguate al lignaggio dell’evento. All’arrivo il saluto con il direttore Claudio Gubitosi, il presidente di Giffoni Experience Piero Rinaldi, ed il sindaco di Giffoni, Antonio Giuliano.

«Quest’anno – ha dichiarato – trovo Giffoni bello, vedo una grande partecipazione giovanile, è uno degli eventi più rilevanti che abbiamo sul territorio regionale. Ci si prepara al cinquantennale: un anniversario importante. Per un festival del cinema arrivare a cinquant’anni di storia è un traguardo fantastico. Giffoni è diventato un’occasione di aggregazione giovanile e di promozione del nostro territorio, oltre che un evento di punta per la valorizzazione dei temi legati ai giovani. Ho trovato tanta vivacità e il quasi totale completamento delle strutture. Tutto perciò mi pare andare nel migliore dei modi».

Il Presidente della Giunta regionale della Campania ha avuto modo di immergersi nella suggestione della tecnologia Atmos nella Sala Blu – Grimaldi Lines, tra le dodici più tecnologicamente avanzate d’Italia. Poi, ancora, un giro al Village tra i vari stand. Ai carabinieri presenti in Cittadella il presidente ha dato il proprio cordoglio per la tragica morte di Mario Cerciello Rega, ucciso a Roma la notte scorsa.

Tanti i giurati che lo incrociano lungo il percorso. Perché Giffoni è dei ragazzi e questo De Luca lo sa bene: «Oggi – ha continuato – la cosa più importante è educare un’intera generazione, la nuova, ad avvicinarsi in maniera critica al mondo dei social. Mi pare fondamentale perché sta cambiando tutto, in primis la dimensione umana, il sistema dei rapporti tra i ragazzi, la democrazia. L’invasione dei social espone a rischi enormi i giovani, le fake news e la falsificazione della realtà sono ormai abitudini. Dobbiamo fare in modo che i social siano sempre più elemento di liberazione e di arricchimento e sempre meno strumento di nuova alienazione e di forme di violenza. Sono temi delicati che possono essere affrontati proprio in un evento come questo. Siamo in certi casi di fronte ad un bivio tra modernizzazione e nuova alienazione. E’ bene discuterne apertamente con i giovani. Giffoni può essere l’occasione. Senza relazioni umane sarà difficile cogliere sul volto di una persona le sue emozioni. Si tratta di grandi temi che riguardano il futuro delle relazioni umane».

Giffoni è un evento, ma è anche una vetrina per la Campania. Ed è un luogo senza muri e senza barriere: «Devo dire che abbiamo avuto alcuni eventi importanti da questo punto di vista nell’ultimo periodo – ha spiegato il governatore De Luca – che ci hanno consentito di offrire al mondo intero l’immagine più bella della Campania e dei nostri luoghi d’arte. Abbiamo terminato le Universiadi e abbiamo prodotto uno sforzo enorme per sottolineare la bellezza dei nostri luoghi, per creare economia e turismo intorno a queste iniziative. Giffoni è dentro questo filone, è un luogo anche di incontro per come è strutturato, di dialogo, di conoscenza e dunque di pace. Ci sono delegazioni che arrivano dal Medio Oriente. E’ bello avere ragazzi e ragazze che provengono da Paesi tormentati, che si ritrovano qui e possono conoscersi, dialogare, scambiare opinioni. E’ un altro dei piccoli miracoli che si legano a Giffoni».

Giffoni capitale dei giovani in una regione giovane. Su questo Vincenzo De Luca si sofferma: «La Campania – ha dichiarato – è la regione più giovane d’Italia e devo dire che oggi è la più stimolante del Paese dal punto di vista culturale. Abbiamo fatto sforzi enormi per il diritto allo studio, il trasporto gratuito agli studenti non c’è nemmeno in Lombardia. Abbiamo numeri importanti anche sul fronte delle start up, ma non possiamo nasconderci che il nostro problema è quello del lavoro giovanile. A questo riguardo abbiamo dato vita al Piano per il lavoro, fatto in maniera corretta e trasparente, con l’obiettivo di non creare nuovo precariato e nuove clientele, ma di dare un lavoro stabile, recuperando così dignità e libertà per i giovani. Questa è una vera propria rivoluzione per la Campania. Un lavoro che consente di vivere senza piegare la testa davanti a nessun padrone. Questa è la rivoluzione».

De Luca ha lasciato Giffoni con un appello, un monito ai ragazzi: «Dobbiamo insegnare ai nostri giovani – ha detto –  il senso della realtà. Dobbiamo insegnare ad essere ambiziosi, ad avere fiducia, a combattere, ma partendo dalla realtà e non dalle fantasie. Con la creatività che si coniuga con il senso del realismo si possono fare grandi cose». Proprio come Giffoni da cinquant’anni insegna.

La ragazza acqua e sapone degli esordi ha lasciato, nel tempo, il posto ad una donna elegante e di grande fascino. Qualità che, tuttavia, riesce con grande disinvoltura a dismettere per interpretare ruoli ironici e autoironici. Al Giffoni 2019 Elena Sofia Ricci dimostra non solo grande talento, come testimoniano i tanti e differenti ruoli interpretati in una carriera giunta – è lei che lo confessa – alle soglie del quarantennale, ma anche una forte sensibilità: il benvenuto dei ragazzi Generetor +13, +16 e +18, e dei masterclassers la commuove fino alle lacrime.

E lei ricambia l’affetto mandando in difficoltà perfino la rodata organizzazione del Giffoni Film Festival con la sua disponibilità a rispondere a più domande del previsto. Con i jurors che l’hanno conosciuta e amata – per motivi anagrafici – soprattutto come mamma nei Cesaroni e come suor Angela in “Che Dio ci aiuti” è prodiga di consigli e non per tenere fede ai ruoli interpretati: dalle sue parole traspare l’autenticità. Perché – confessa – i giffoners li sente un po’ come i suoi figli: “Da bambina avevo un sogno che non era quello di diventare attrice ma di avere una famiglia e tanti figli: con voi ci sono riuscita”. E così, anche a costo di sembrare “bacchettona”, come lei stesso dice, insiste sull’importanza di “studiare”, di avere rispetto per il lavoro degli altri e di cercare di fare della propria passione il proprio lavoro, senza arrendersi al primo fallimento: “Se vi chiudono una porta in faccia, andate a bussare ad un’altra e poi ad un’altra ancora”, dice.

Del resto inseguire il proprio sogno, ma anche riconoscere i propri limiti, è ciò che fa ancora oggi. Lo si capisce quando – nell’incontro con i giornalisti – spiega che non è sua intenzione fare la regista al cinema, a differenza che in teatro, perché non si ritiene portata per quel lavoro (“Credo di saper scrivere un po’ e di saper interpretare dei ruoli, ma come regista non mi sento adeguata”) e non perché ancora non ha trovato una storia da raccontare che sente sua più di altre: “Quella ce l’ho, è da 13 anni che ho in mente un soggetto, ma fino ad ora ho trovato solo porte chiuse per realizzarlo. Ma non mi arrendo”.

Un racconto a cuore aperto, il suo, ai ragazzi presenti in sala Truffaut per la consegna all’attrice dell’EXPERIENCE AWARD: dalla consapevolezza di essere una mamma imperfetta con le sue figlie di 23 e 14 anni e una donna “ingombrante” in famiglia, alla scoperta recente della fede, proprio durante le riprese della serie “Che Dio ci aiuti”. Giffoni l’ha stregata a tal punto che ai giornalisti, scherzando, confida: “Voglio venire a vivere qui”. Di sicuro tornerà: lo promette ai giovani giurati: “Fra qualche anno sarò di nuovo a Giffoni. Voi sarete diventati registi e, allora, se vi servirà un’anziana per un ruolo in un vostro film, tenetemi presente”. Ai ragazzi lascia un invito all’impegno: “Siete il futuro, fatelo migliore del presente che vi stiamo rifilando”.

Ciascuno di voi ha davanti a sé una storia meravigliosa, ma la deve lasciare accadere”. È un’incitazione vera e propria quella di Gabriel Zuchtriegel ai masterclassers di #Giffoni2019. “Abbiate fiducia in voi stessi – dice il direttore del Parco archeologico di Paestum al cospetto della Masterclass Connectperché dentro di voi c’è la bellezza e la capacità di vedere il mondo come solo voi lo potete vedere”.

Nella Sala Blu Grimaldi Lines, Zuchtriegel racconta di sé e di Paestum, passa dal sistema fognario dell’antica Grecia all’esperienza di Winckelmann. Ma tutto ha un filo. E tutto parte dal concetto di “Cultura, quella con la C Maiuscola”. Di Cultura “al di là della forma di arte”. Di Cultura legata al mondo del Classico. “Nella mia storia non era facile avvicinarsi a questo mondo del Classico”, racconta. E al tempo stesso spiega: “Non è atipico che un tedesco venga in Italia. Ci sono due tipi di tedeschi: uno, a cui appartengo, che ama l’Italia, soprattutto del Sud; un altro tipo per cui è difficile gestire il calore”. Il discorso del direttore è articolato: “Un uomo non è un albero, noi non abbiamo radici. Io non appartengo neanche a questa nazione, che amo”. E spiega: “Quello che noi dobbiamo raccontare non è la storia dell’identità. Ovviamente – precisa – ognuno ama il suo paese. Anche io amo il mio, ma amo la cultura indipendentemente dal rapporto territoriale, indipendentemente dalle mie radici”. Insomma, “il compito è dimostrare attraverso l’archeologia, il cinema e quant’altro che c’è una varietà della vita, che un altro mondo è possibile. Questa – afferma – è una promessa per il futuro di tutti noi e per il futuro della collettività”.

L’incontro incuriosisce i masterclasser e stimola Gabriel Zuchtriegel. Che si apre nel racconto di sé: “Sono venuto in Italia già per una borsa di ricerca, nel 2012, e mai avrei pensato di fare il direttore di Paestum, non era proprio nella mia immaginazione”. Rivela i retroscena della sua partecipazione al bando, confessando di aver fatto domanda “per gioco, nell’ultimo pomeriggio disponibile”. Senza aspettarsi niente: “La vita premia la passione, il darsi a una materia, a un’idea, a un progetto. Quando, invece, ci fissiamo su un obiettivo di carriera diventa difficile. Bisogna dare alla vita la libertà di portarci dove vuole – afferma – dove forse non sappiamo quando iniziamo il nostro percorso”.

Zuchtriegel traccia anche un bilancio dell’esperienza a Paestum: “Un periodo fantastico – esclama – Il calore e lo spirito con cui le persone mi hanno accolto mi ha sempre aiutato, insieme all’importanza data all’archeologia e a Paestum”. E racconta del lavoro svolto nel “valorizzare non solo i monumenti ma anche le persone”, dell’importanza data allo “storytelling per sollecitare la curiosità dei potenziali utenti”, di come il digitale incida “positivamente per la comunicazione perché permette di raggiungere un pubblico più vasto”. E nonostante l’aumento del 65% di visitatoti negli ultimi cinque anni, il “numero crudo” non è tutto: “È banale ridurre tutto ai numeri. L’obiettivo è allargare alle tipologie di visitatori”. E va pure fatto un discorso “sull’esperienza effettiva che le persone vivono” visitando Paestum.

Prima di ricevere la riggiola ricordo del Festival 2019, il direttore non si sottrae a un commento sulle giornate gratis al museo: “È una cosa molto importante e valida non per il turismo ma per il territorio, per la gente del posto che può vivere questi siti come un proprio patrimonio”. E sulla rivendicazione da parte di alcuni di Comuni di una parte del costo del biglietto, chiarisce: “Nessun museo in Italia fa profitto sui biglietti. Siamo tutti in rosso perché il nostro personale non grava sul bilancio autonomo, che è usato per restauri, ricerche. Lo Stato, oltre a quello che incassa e poi reinveste, ci dà altri contributi altrimenti non potremmo garantire la manutenzione e la tutela dei siti. Gli enti che chiedono soldi dai biglietti non hanno fatto il loro compito per il territorio”.

A oltre 10 anni dal suo esordio, Emis Killa si racconta ad Andrea Laffranchi del Corriere della Sera come si parla ad un amico e lo fa confrontandosi anche con i masterclassers Music&Radio. Ed il discorso parte da lontano, perché Emis sente di aver iniziato nel 2006, quando si è affacciato a questo mondo, prima del suo esordio discografico (il suo Keta Music è del 2009): “Allora ascoltavi roba e non sapevi chi la cantasse. A 16 anni prendevo il treno Milano – Roma per fare una gara di freestyle, la notte stessa tornavo a Milano scendendo anche tre volte dal treno perché non mi potevo permettere i soldi del biglietto. E alla gara non si vinceva niente, solo il divertimento. Ora è diventato un trend, arriva prima la faccia poi il resto… loro, questi ragazzini, sono settati sulla mentalità discografica, tipo non faccio la strofa sulla tua canzone perché poi esce il mio disco e si crea confusione’”. Emis ha sempre fatto le cose di pancia, ma questo Supereroe è il primo disco fatto anche con la testa, perché dopo un po’ d’assenza dalle scene proprio non poteva permettersi di sbagliare. E infatti ha fatto centro. “Ma c’è stata una volta in cui pensavi che un pezzo avrebbe spaccato e invece non è andato bene o una volta in cui avevi un pezzo su cui non puntavi e che è andato bene?”, chiede Andrea. “1000 strade è un brano su cui non avrei scommesso – replica Emis – anzi ti dirò che lo trovavo banale e non mi piaceva, invece piaceva molto allo staff. Così l’ho inserito nell’album all’ultimo minuto ed è andato benissimo. Invece Come fossimo cowboy a me piaceva tanto, era un pezzo a cui tenevo e invece non è andata così bene, mi è dispiaciuto.” E come ha fatto a resistere alla tentazione di scrivere una canzone per sua figlia, che ora ha un anno? La canzone arriverà, ma non ora, ora è presto. Arriverà quando lei potrà capirla, quando l’interazione tra loro sarà più forte… “D’accordo ma che tipo di padre sei? Non hai interazione con la tua bimba, non le cambi i pannolini…” La risposta è di grande autoironia: “Sono fortunato perché la mia donna fa tutto lei con la bambina, soprattutto perché non si fida per nulla! Ha paura che distratto come sono la faccio cadere… Pensa che sono così distratto che per paura di perderle, in hotel dormo con tutte le catene d’oro che ho, mi sveglio con certi lividi al collo… ti dico una cosa: ho 4/5 carte di identità: me le dimentico, credo di non averle, denuncio, ne faccio di nuove e poi le ritrovo. Una volta sono andato a Bologna con la moto, il mattino dopo stavo andando a denunciare il furto perché pensavo me l’avessero rubata, invece l’avevo parcheggiata nel box dell’hotel! … Non ce la posso proprio fare…”. D’accordo ma non temi che quando sarà più grandina tua figlia possa essere in qualche modo strumentalizzata per arrivare a te, chiede una Masterclasser. “Ma no, quando lei avrà 16 anni, io ne avrò 46: per lei sarò come quel mio compagno di liceo che abitava accanto a Iva Zanicchi…!”

Il Giffoni Film Festival ha scelto di festeggiare l’80esimo anniversario di Batman in collaborazione con Warner Bros. e DC Comics. I masterclassers hanno partecipato all’evento dedicato a uno degli eroi più amati dagli appassionati di fumetti (e non solo) dal titolo #Batman80 – Il Mito del Cavaliere Oscuro che ha illuminato per sempre il mondo dei Comis.

I ragazzi hanno avuto l’occasione di vedere in anteprima nazionale Batman: Hush, l’adattamento di uno dei fumetti più acclamati del Cavaliere oscuro. Il film, prodotto e distribuito da Warner Bros. e DC Comics, è ispirato all’omonima opera scritta da Jeph Loeb e disegnata da Jim Lee e Scott Williams, pubblicata tra il 2002 e il 2003. La storia è incentrata su un misterioso nuovo nemico noto solo come Hush, che usa criminali e ladri di Gotham per distruggere la carriera da vigilante di Batman e la vita personale di Bruce Wayne, che è stata ulteriormente complicata dalla relazione con Selina Kyle (Catwoman). Il film sarà disponibile per l’acquisto e il noleggio dal 21 settembre su tutte le piattaforme digitali tra cui Infinity (sulla piattaforma Infinity il film Batman: Hush sarà disponibile dal 20 agosto in anteprima esclusiva, anche in 4K), SKY Primafila, iTunesYoutubeChiliTimvision. I ragazzi della sezione Cult hanno potuto, inoltre, dialogare con Carmine di Giandomenico, DC artist.

L’artista abruzzese classe 1973, che ha debuttato nel mondo del fumetto nel 1995, dal 2015 è la matita di punta della DC Comics. Prima come disegnatore principale della serie The Flash e oggi alle prese con l’ennesima avventura del paladino di Gotan city.

“Il mio stile di disegno trova la propria ragione d’essere nel corso degli anni”, ha premesso Carmine Di Giandomenico. “Non ricordo un solo e unico artista che mi ha affascinato e ispirato. Viceversa, ho sempre cercato di congestionare più stili. Di base, però, rimango un fan acritico di Miller e della sua idea del fumetto come unico fenomeno veramente pop: partendo dall’idea che la vignetta si basa su una logica comunicativa fondata sull’onomatopea, un fumetto ben fatto è solo quello capace di riuscire a non creare scollatura tra linguaggio verbale e linea. A questo poi ho sommato l’amore per una narrazione fumettistica di matrice italiana, lontana dalla regolarità americana. Da anni ormai tendo a prediligere gabbie a tratti claustrofobiche, che di riflesso accentuano ancora di più il messaggio”.

Il celebre fumetto è una delle più grandi avventure mai raccontate, capace di intrecciare omicidio, mistero e romanticismo. La giornata si è conclusa con la proiezione dell’ultimo episodio della quinta e ultima stagione di Gotham, andato in onda pochi giorni fa su Premium Action.

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