“L’area vulcanica napoletana è quella a più alto rischio al Mondo”. I  professori De Natale  e Moretti al “Rotaract Campus”.

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  “La previsione delle eruzioni vulcaniche è purtroppo ancora una scienza empirica e incerta. La mitigazione del rischio vulcanico può essere affrontata  solo con una cooperazione tra  la scienza e la politica”. A spiegare che ancora oggi, nonostante tutti i complessi e tecnologici  sistemi di monitoraggio esistenti, non è possibile prevenire  con certezza  il verificarsi di un’eruzione vulcanica è stato il professor Giuseppe De Natale, Dirigente di Ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, già Direttore Osservatorio Vesuviano di Napoli, che è intervenuto, insieme al professor Roberto Moretti,  professore de  Physique du Globe de Paris e Direttore Scientifico  dell’Osservatorio Vulcanologico  e Sismologico di  Guadalupe nelle Antille Francesi, all’incontro “Efesto &Parthenope”, organizzato  su piattaforma dal “.Rotaract Salerno Campus dei Due Principati”, presieduto dal dottor Vincenzo Maria Adinolfi, in collaborazione con altri quindici Club Rotaract del ”Distretto Rotary 2100” e con il “ Rotary Club   Salerno Nord dei Due Principati”, presieduto dal dottor Carmelo Orsi.

Il professor De Natale ha spiegato che la  probabilità di avere una previsione  efficace di un’eruzione è minore del 30% :” I vulcanologi, attraverso lo studio di alcuni fenomeni precursori concomitanti: terremoti,  sollevamento del suolo o variazioni geochimiche dei fluidi,    in base alla loro esperienza, potrebbero  indicare un’eruzione imminente. In Italia ci sono moltissimi vulcani attivi. Tra quelli che costituiscono gravi rischi, quelli dell’area napoletana sono i più esplosivi: ossia generano colonne di materiale piroclastico con temperature molto alte (1000/1100 gradi centigradi) che hanno una grande potenza distruttiva.   L’area napoletana che ha tre vulcani esplosivi: il Vesuvio, i Campi Flegrei e Ischia, è ad altissimo rischio vulcanico, tra i più alti al mondo. Circa tre milioni di persone vivono a una distanza di circa venti chilometri da una possibile bocca eruttiva, la densità di urbanizzazione è molto alta e quindi aumenta anche il rischio. Bisognerebbe evacuare preventivamente la popolazione sapendo già dove trasferirla. L’eventuale Zona Rossa dei Campi Flegrei, che, in caso di eruzione imminente bisognerebbe evacuare entro 72 ore, ossia tre giorni, contiene 600mila abitanti; l’ eventuale  Zona Rossa del Vesuvio contiene 750mila abitanti. Con il Recovery Fund si potrebbero costruire infrastrutture nel Mezzogiorno e liberare quindi queste zone ad altissimo rischio vulcanico dalla popolazione residente”. Il professor De Natale ha anche ricordato  il ritrovamento degli scheletri di  Ercolano :” Colti dall’eruzione del 79 d.C. avevano i crani esplosi  a causa delle altissime temperature :  sono stati ritrovati  in posizioni estremamente naturali perché erano morti istantaneamente, senza neanche accorgersene”. De Natale ha spiegato che anche la cenere, che è la parte più leggera della colonna piroclastica, trascinata dal vento, anche a grandi distanze, quando ricade, siccome ha la densità tipica delle rocce, con spessore di 30/40 centimetri, può far collassare i tetti degli edifici e gli edifici stessi. “Mentre dai terremoti possiamo difenderci costruendo bene le nostre case e rinforzando gli edifici antichi, dalle eruzioni vulcaniche non ci possiamo difendere”. Il professor Roberto Moretti  ha spiegato  i meccanismi, anche termodinamici,  di movimento della  caldera dei Campi Flegrei, considerato un supervulcano, soggetta a fenomeni di bradisismo:” Dal 2005 ad oggi si è verificato un nuovo episodio  di  lento sollevamento del suolo. I Campi Flegrei sono  pericolosi e quindi oggetto di studio da parte della comunità scientifica perché ritenuti più pericolosi del Vesuvio che rimane un vulcano tranquillo. E’ importante costruire un catalogo di tutte le eruzioni vulcaniche  che ci sono state nel tempo, soprattutto di quelle esplosive ”.   E’ stata ricordata anche la presenza del vulcano sottomarino   Marsili, localizzato a 150 chilometri da Salerno:” Non è monitorato” – ha spiegato De Natale –  “Il rischio del Marsili è relativo, non è comparabile con il rischio del Vesuvio e dei Campi Flegrei perché è a mare lontano dalla costa. Il problema che potrebbe esserci è quello di uno tsunami, prodotto da una forte eruzione sottomarina”. (Pubblicato su “Il Quotidiano del Sud” edizione di Salerno”).

Aniello Palumbo