“L’ARCHITEMARIO IN QUARANTENA “ LA PRIGIONIA OZIOSA DI UN ARCHITETTO IN TEMPI DI COVID.

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“L’architetto “a partita Iva” possiede un sistema immunitario più evoluto rispetto a qualsiasi altro esemplare della specie umana. In caso di estinzione di massa, resterebbero superstiti solo gli architetti e le zanzare, pure loro, non si sa perché, indistruttibili.” Lo ha scritto nel suo divertente libro: “L’Architemario in Quarantena”, l’architetto Christian De Iuliis, scrittore e fondatore del movimento de “Lo Spiaggismo” che con grande ironia ha raccontato le problematiche che hanno dovuto affrontare gli architetti e tutto il popolo delle “ partite Iva” durante il periodo del Coronavirus:” I professionisti a partita Iva non possono ammalarsi, anzi devono resistere a qualsiasi malattia, con il Coronavirus hanno sofferto in modo particolare. Gli architetti, in particolare, essendo dei creativi, in un momento complicato come quello imposto da una quarantena hanno scelto vari i modi per sopravvivere: io ho scritto questo libro”. Nel libro, la cui copertina è stata disegnata dall’architetto Germana Buono, De Iuliis, che è di Minori, ha raccontato, in modo semiserio, che durante il lockdown molti architetti, per restare attivi hanno costruito delle cose in casa:” Il mobile Ikea, non montato per mancanza di tempo, la cuccia del cane o il nuovo habitat della tartaruga. Si è arrivati anche a casi di schizofrenia acuta quando, alla seconda settimana di quarantena, a colazione, l’architetto ha cominciato a disporre i biscotti secondo un ordine ben preciso: a “cardamone”, come un pavimento o in equilibrio tra la tazza e la zuccheriera come tante piccole passerelle. Ci sono stati anche quelli che hanno costruito castelli con le carte o puzzle da 100000 pezzi”. De Iuliis ha raccontato che durante il periodo di Covid c’è stata una grande riscoperta della valenza del balcone:” Una vera e propria rinascita. Il balcone è stato riciclato per qualsiasi attività tipo “flash mob”, feste da ballo ed aperitivi, fino ad arrivare a discipline sportive come lo jogging e le telefonate all’amante”. Anche gli architetti hanno cantato dai balconi durante la quarantena: le loro canzoni preferite sono state: “Uno su mille ce la fa” di Gianni Morandi; “Disperato” di Marco Masini; “Il cielo in una stanza” di Gino Paoli; “Il Muratore “ di Jovanotti; “Città vuota” di Mina. Nel libro c’è anche un breve decalogo con le istruzioni principali, ad uso degli architetti, per contenere la diffusione del Coronavirus, come ad esempio l’installazione di un lavamani nell’atrio di ogni abitazione come nella famosa “Villa Savoye di Le Corbusier. De Iuliis ha spiegato che per un architetto i 15 giorni di quarantena non sono stati un tempo molto lungo:” Siamo abituati a ben altre attese: basti pensare ai canonici 45 giorni che ci vogliono per avere una risposta della Soprintendenza; ai tempi che ci vogliono per avere il rilascio del Durc da parte delle imprese o il tempo che fa passare un committente indeciso per scegliere le piastrelle e quello per trovare un piastrellista: a volte , pare sia più facile scovare Matteo Messina Denaro che un piastrellista”. De Iuliis ha anche spiegato, con amarezza, qual è il valore della vita di un architetto italiano secondo Inarcassa: ” In caso di morte da Coronavirus, Inarcassa ha stabilito di elargire un rimborso nella misura di 5000 euro ai familiari della vittima, ma solo se in regola con i pagamenti dei contributi”. Anche per gli architetti “niente sarà come prima” :” Gli architetti però prevedono, come i supereroi, e sono allenati a cercare di capire le cose prima degli altri. Non so se gli architetti possiedano un gene modificato che gli consenta di vedere le cose del pianeta da un’altra prospettiva. ma, a volte, credo che questo gene dovremmo allenarlo un po’ tutti”. Nel libro ci sono anche due racconti:” Uno vede protagonista Luigi Generoso che finalmente realizza il suo sogno: quello di partecipare a un programma televisivo. Lo realizza quando viene intervistato da una tv locale in quanto è stato il primo della sua cittadina a contrarre il Coronavirus”.

Aniello Palumbo