Il «Sesso debole» (terza puntata)

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Forse in nessun altro paese del mondo la donna è veramente alla pari con l’uomo, sin dall’inizio. Con immensa disinvoltura ella esibisce questo diritto, che in realtà le spetta perché, insieme con l’uomo, ella ha sostenuto disagi e fatiche nell’era pionieristica che ha dato un volto civile all’Australia. Ama lo sport, il divertimento in generale, la vita camèratesca con gli altri giovani, senza essere conformista. Tra balli, scampagnate, gare sportive, cortegiatissima, sceglie finalmente il suo compagno di vita, conservando, assoluta, la sua libertà. Considera il marito un compagno di viaggio e se qualcosa incrina il rapporto, che male c’è?, si cambia partner con regolare divorzio e nuovo matrimonio. Si può dire che la società australiana viva in funzione della donna, che per altro è una grande organizzatrice, in uno stato dove tutte le leggi sono a suo favore. Amore, romanticismo, felicità sono veramente termini astratti per queste donne o, talvolta, la loro certezza vacilla nell’ascoltare o nel leggere, caso mai abbiamo tempo e amore per la lettura, avventurose storie d’ amore? Sul continente africano la donna vive una doppia visione della vita, inserita com’è ancora nel passato e anelante al futuro nelle generazioni nuove. Cioè vive nel passato con la vecchia generazione e nel presente e nel futuro con la nuova, in quanto non ha subito un passaggio graduale di emancipazione. Infatti da una generazione all’altra sono cambiate le cose in modo incredibile. Non c’è stato per lei un lungo cammino, ricco di esperienze, come per le donne di altre razze. La donna africana non ha trovato ancora il tempo di diventare grande; e mentre la sua storia compie sforzi enormi per un ragguaglio coi bianchi e i giovani si avvinghiamo ad ogni possibilità di successo, la vera africana è quella legata ancora ad una tradizione che, ai nostri occhi, appare come un’assurda prigionia. Da sempre la nenia del deserto parla al suo cuore e lo fa pago e deliberatamente schiavo: «Se il tuo braccio è forte / e il tuo cuore infallibile, / sei un buon guerriero. / Se il tuo corpo è agile / e il tuo passo veloce, / sei un buon cacciatore. / Se i tuoi cammelli sono numerosi / e la tua tenda spaziosa, /sei un uomo ricco. / Ma se sei solo, senza una donna / che divida con te tutto questo / sei un uomo infelice». Sia essa del Tibet, del Senegal, del Sudan, della Nigeria… è sempre e soprattutto una donna africana, che ha fatto poca strada al cospetto della Romana, della Egiziana, dell’Assirobabilonese, delle Vichinghe, tanto per fare un esempio, le quali hanno percorso millenni per giungere fino a noi. Tuttavia la sua evoluzione è in corso, sicché un bel giorno si scoprirà il volto rifatto di quest’Africa selvaggia, che pure tanto fascino ha sempre esercitato sugli esploratori di tutto il mondo, per la verginale possanza delle sue foreste, dei suoi fiumi, delle sue ataviche credenze. E, finalmente, osserviamo la donna del continente europeo, che non può essere etichettata con un solo nome, Infatti, essendo l’Europa la terra più ricca di esperienze, la più «malvagia», secondo Eliot, per essere stata troppo a lungo teatro di guerre, di intrighi, dì invasioni, parlando al femminile, non può essere definita dal volto di una sola donna. Della vecchia Europa noi diciamo soprattutto che è una terra assai seducente, come le sue stesse donne, che, secondo lo svolgimento umano di un frazionamento forse inevitabile, hanno avuto ciascuna la propria patria e la propria vicenda storico-sociale.

(terza puntata)