Il «Sesso debole» di Nunziata Orza Corrado

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Forse è interessante sapere che, considerata da sempre il sesso debole, la donna ha dato infinite dimostrazioni di resistenza maggiore rispetto all’uomo. Fisiologicamente soggetta a lui, ha, tuttavia, maggiore destrezza manuale, maggiore percezione nei dettagli, maggiore facilità verbale, migliore memoria logica ed immaginativa, maggiore orientamento sociale. Ma la donna è anche nevrotica e quindi incapace di pervenire alla formazione del Superego, forse per la diversa esperienza erotico sessuale, rispetto all’uomo, almeno nella generalità dei casi. L’uomo, a sua volta, è meno emotivo, ma più eccitabile e aggressivo. Secondo Freud, sin dall’infanzia, la donna è «invidiosa» degli attributi fisici del maschio. Tralasciando la morbosa nevrosi del complesso di Edipo, che nei maschi si liquida più facilmente nel desiderio, a volte difficilmente appagabile, di libertà, intesa come conquista di spazio, intraprendenza e stimolo ad imprese di qualunque rischio, la donna, anche se non lo ammette, sente la superiorità dell’uomo, che per tanti aspetti, continua a conservare la prerogativa di «sesso forte». Ma il nostro proposito è di parlare della donna, di questa straordinaria creatura, che, attraverso i tempi, fatti di millenni, da schiava o da regina, ha dominato sempre sul cuore dell’uomo.  Dall’età della pietra ad oggi, ella ha fatto un cammino che ha del meraviglioso, irto di leggi limitanti la sua espansione, che, però, non le hanno impedito, sotto tutte le latitudini, di far sentire necessaria la sua persona. sia pure come presenza indispensabile in seno alla famiglia; ed anche in seno alla società, via via diventando, secondo le accidentalità fortuite, o «res» autentiche di svolgimenti umani, creatura dotata di forte spiritualità, capace di fulgidissimi atti di eroismo, di seduzione, di attività operativa, di coraggio e di ardimento. Inoltre, sotto ogni cielo di questo pianeta, dalla fredda Lapponia all’infuocata terra d’Africa, dalle seducenti terre d’Europa alle steppe più solitarie del mondo, dalla sconfinata terra d’Asia a quella giovane d’America e a quella giovanissima d’Australia, benché con caratteristiche psicosomatiche differenti e in condizioni di partenza assai diseguali, la donna ha cantato il canto della sposa, della madre, della schiava ed oggi, ossessivamente, quello della parità con l’uomo. In ogni tempo, essa ha rispettato, certe volte creato, la propria moda nel vestire e nel truccarsi. Migliaia di anni fa, la bellissima dell’età della pietra iniziò, con spontanea inclinazione femminile, la storia del costume. Il suo primo oggetto di toeletta fu la mano, che si abituò a ravviare i capelli, poi un pettine fatto di ossi e due recipienti di argilla con unguenti e polveri colorate. La più antica raffigurazione femminile è una scultura di trentamila annii fa; a ventimila anni fa risalgono le notizie di un pettine di bronzo, sul modello di quello osseo. Arguiamo, date le elementarissime condizioni di partenza, che la massima sensazione di eleganza della nostra più lontana antenata sia stata quella di sentirsi ben pettinata. Poi, certamente, essa un giorno, specchiandosi nell’acqua, alzò e legò i capelli sopra la testa, dando il via al capriccio della moda! Vuoti enormi ed oscuri nello svolgimento della vita preistorica non ci permetterebbero, neanche se lo volessimo, di fare un’indagine, ordinata cronologicamente, degli atteggiamenti femminili. Sentiamo, tuttavia, che esse dovettero servirsi di una grazia, che fu l’elemento propellente della loro bellezza, ricco di innata tendenza a suscitare piacere e fascino.

(Prima puntata)