Che tristezza.

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di Gilda Ricci

Che  tristezza, che dolore muto,  che senso  di impotenza  oggi , di fronte  a 26 bare di  chi non è riuscito a sopravvivere a questo genocidio del terzo millennio, a questo massacro. Ventisei   donne, di cui due  in attesa di un bimbo che non nascerà.

Il cimitero di Salerno le ha  accolte mentre in ospedale nasceva un bimbo  sopravvissuto alla tragedia del 5 novembre scorso.  La sua mamma era  su quel barcone, come tanti, incinta,  e alla fine della gravidanza, lei ce l’ha fatta.

Altre  donne no, erano al centro del barcone che si è sfondato con le braccia dei mariti,  dei fratelli che cercavano di salvarle inutilmente. Morte annegate, inghiottite dal mare ,  , cullate dalle onde  che le hanno riportate a noi, in un porto di  città di provincia, dove mille anni fa l’antica Scuola Medica Salernitana  ne salvava tanti di arabi, africani, ebrei, greci . Oggi  invece  arrivano già i  fin di vita , e in 22 sbarchi avvenuti in questa città accogliente, ma oggi assente ai funerali, non era mai capitato se non per un piccolo bimbo qualche mese fa.

Che tristezza  osservare i volti dei loro compagni di viaggio,  di questi parenti ed amici  sconvolti, sui  cui volti il vento asciugava le lacrime  velocemente  ma non   gli occhi arrossati da giorni di pianto  e sofferenze, da anni di  guerre, viaggi infiniti  verso la speranza.

Oggi quella speranza  si è un po’ spenta ma non del tutto,  la vita e la morte si sono  scambiati il testimone di una staffetta con il destino, qui a Salerno, in una città distratta . Sindaci, Prefetti,  deputati, senatori,  uomini e donne delle Istituzioni, tutti in silenzio,  nonostante l’insistenza di reporter  e cameraman. “ No , per favore– una voce  sommessa- non  vogliono essere  fotografate   e riprese”.

Sono  ragazze sotto protezione,  scampate alla tratta  umana e alla prostituzione , che vogliono solo cantare una preghiera dedicata alle loro coetanee  ma  che non reggono il pianto e spezzano la voce  in una catena di lacrime infinite. Le  abbiamo abbracciate tutte , con immenso affetto senza neanche conoscere i loro nomi , la loro storia , che spesso le accomuna e ci  coinvolge.

Il peggiore momento di disumanizzazione che abbia  vissuto dopo l’olocausto e  le guerre mondiali  la storia del tempo  che ritorna. Il vento urla nel silenzio di un rito funebre laico e religioso allo stesso tempo. Giovani studenti sfilano con  rose bianche e bandiere delle scuole di appartenenza , accarezzano le 26 bare come se fossero  quelle dei loro  cari, le sfiorano con dolcezza,  con sguardi assorti . “Quello che ci ha scosso di più- hanno  sussurrato Christian e Domenico –  è stato vedere che queste 24  delle 26  vittime non sono state identificate,  quindi solo numerate, il pensiero che nel nostro mare ci siano molte altre vittime che hanno intrapreso un viaggio alla ricerca della salvezza,  trovando la morte ci  annienta”.

Saranno loro a parlarne  a scuola domani e ancora dopodomani e poi il 25 novembre nel giorno   dedicato  a combattere ogni violenza,  anche di genere, ma soprattutto  umana. Confidiamo in questi giovani studenti che  solo vivendo un giorno così triste  faranno sicuramente di tutto  per fermare il tempo dei genocidi moderni e futuri, senza presenzialismi,  senza passerelle, senza  ruoli istituzionali, se non quello di essere giovani  come  queste  vittime dell’indifferenza ,  oggi  senza più voce  per raccontare .  Noi lo faremo con loro e per loro.

 

Gilda Ricci