IL RESTAURO DELLA CHIESA DI SANTA MARIA DELLI MAZZI DI COPERCHIA RACCONTATO NEL LIBRO DI ANTONIO SCHIANO DI COLA

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Un contadino, mentre guidava due grossi buoi per arare il suo terreno in campagna, che era poco distante dall’abitato di Coperchia, nel luogo detto “delli Mazzi”, a un certo punto vede i due grossi animali fermarsi e piegarsi sulle zampe anteriori, quasi come per inginocchiarsi. Proprio in quel punto del terreno il contadino, dopo aver scavato, trova una tavola dipinta raffigurante la Madonna di Costantinopoli. Questa leggenda è stata raccontata nel libro di Antonio Schiano Di Cola: “ Santa Maria delli Mazzi. Scrigno d’arte nella Valle dell’Irno”, edito da “Gutenberg Edizioni”, nel quale descrive dettagliatamente tutti i restauri delle tele, dei dipinti murali e degli stucchi, eseguiti dalla ditta Cartusia di Salerno, nella chiesa di Coperchia di Pellezzano, devastata dal terremoto del 1980, al cui interno vi è una cappella , quella di Santa Maria di Costantinopoli, affrescata, nei primi anni del ‘700 per conto della Famiglia Galdi, dal Maestro Michele Ricciardi, originario di Penta, molto importante per gli abitanti di Coperchia:” Nel ‘600 e nel ‘700 questa cappella era meta di pellegrinaggio. Nei documenti consultati al Museo Diocesano ci sono delle testimonianze scritte che raccontano di miracoli avvenuti nella chiesa: pare che alcune persone abbiano riacquistato la vista e altre l’udito, come la signora Angela Genovese che, il 12 giugno del 1598, riacquista inspiegabilmente l’udito dopo essersi fermata a pregare nella cappella della Madonna”. Il dottor Antonio Braca, che ha scritto la presentazione del libro e seguito tutte le fasi del restauro, dando anche dei preziosi consigli, ha raccontato che:” All’interno della cappella vi era un prezioso dipinto su tavola, databile ai primi anni del Cinquecento, raffigurante la Madonna con Bambino, nota anche come Madonna di Costantinopoli, che è stato rubato nei giorni successivi al terremoto del 1980 e che ancora non è stato ritrovato. Al suo posto è stata collocata una riproduzione fotografica”. I costi di restauro sono stati sostenuti da vari benefattori di Coperchia, come la Famiglia Esposito di Cologna che, in memoria del figlio Alberto, morto in un incidente stradale, ha provveduto a far restaurare la facciata della Chiesa con la direzione dei lavori affidata all’architetto Vincenzo Dodaro, recentemente scomparso. La richiesta di patrocinio avanzata dall’autore al Comune di Pellezzano è stata accolta con grande interesse dal Sindaco Francesco Morra che ha apprezzato il libro: ” Portare alla luce persone e fatti del passato è sempre cosa lodevole perché aiuta a prendere coscienza delle proprie origini, ad apprezzare il presente e a infondere fiducia per costruire un avvenire migliore”. Confermando la disponibilità di Don Biagio Napolitano, suo predecessore, il parroco di Coperchia, Don Giuseppe Giordano, che ha scritto la prefazione del libro, ha supportato le iniziative volte al recupero delle opere d’arte parrocchiali: ” Questo volume ci dà ancora una volta la possibilità di guardare alla storia della nostra Comunità Parrocchiale con meraviglia per le tante opere realizzate da coloro che ci hanno preceduto e ci fa cogliere la profonda consapevolezza di fede che essi hanno vissuto nel tempo”. Anche il Direttore del Museo Diocesano, Don Luigi Aversa e il professor Vincenzo Aversano hanno analizzato gli affreschi del Ricciardi dando il loro contributo interpretativo. L’autore per circa due anni ha portato avanti le sue ricerche storiche sulla chiesa, sia all’Archivio di Stato, sia in quello del Museo Diocesano: ” Al termine dei lavori, che hanno consentito di restituire all’intera Comunità pellezzanese degli inestimabili tesori d’arte che sembravano perduti per sempre, è stato forte il desiderio di realizzare una pubblicazione che potesse sintetizzare la storia dell’edificio sacro e delle sue opere d’arte”.   Il ricavato delle vendite del libro sarà utilizzato per finanziare il restauro di un’altra opera d’arte: ” Una tavola del ‘600 che è nella chiesa di San Nicola a Coperchia”.

Aniello Palumbo