La benedizione del Papa alla Via Crucis di Ravello.

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Ore 12,00 del 9 aprile: è Papa Francesco, fatto unico ed esclusivo, con un messaggio ad hoc, a benedire per la prima volta la Via Crucis in costume di Ravello. E’ accaduto ieri, a poche ore dall’inizio dell’evento: il Papa ha benedetto organizzatori, partecipanti e quanti hanno contribuito a realizzare un grande momento di preghiera e coinvolgimento.

Ore 08, 22 del 10 aprile, piazza Fontana Moresca: il giardino degli ulivi sembra spettinato dal vento, ma non si muove nulla, e l’aria è ancora insolitamente tiepida. Resiste, sebbene ancora per poco, il gemellaggio fra alberi naturali e non,  qualche asse che costituiva il palcoscenico, già si appresta a riconquistare il buio in cui era custodita. Poco più giù ed intorno, le torrette, sulle quali fari e trombe erano vademecum sonori e visivi, ormai denudate dall’interminabile saio di iuta marrone che le vestiva in maniera garbata, mostrano tutta la loro scheletrica consistenza, l’impalcatura reggi/ gioco/ rappresentazione. La Cappella di Sant’Agostino, concava location per un Sinedrio di grande impatto visivo ed emozionale, è lentamente riportata all’origine: vi si accumulano in perfetto ordine, gli apparati della preparazione, imbustati in sacchi, posizionati come organi dopo una asportazione. Ravello riprende il tempo che le appartiene: via i sacchi di iuta anche dalle insegne, via le torce, spente le lamelle di fuoco, pietre miliari sopraelevate e vive, zittito il cherosene. Raggiungendo piazza Vescovado, e puntando lo sguardo dritto sul sagrato della Chiesa, dove ieri il Golgota, abilmente illuminato da una cruciverba di fari rossi e blu per il sacrificio più grande della Verità cristiana, quello della Crocifissione, ha trattenuto il fiato ai passanti, la “museruola” di pali, la ragnatela di supplizio ricostruita con uno shanghai di grande talento, è ormai un ricordo.

Accade così alla fine di una festa, quando i palloncini, liberati dalla catena inscena divertimento, spirano l’ultima goccia di elio e si agganciano ai soffitti, prima di avvizzire e riempirsi di rughe libera tensione/ fiato; accade così quando si rimettono in ordine le sedie che accoglievano gli invitati, quando si dividono i rimasugli della torta, si depongono cappellini, e i regali scartati, sono come  i souvenir di un viaggio, o  una reliquia.

Di questa Via crucis in costume 2017, resteranno molte, tantissime cose: lo straordinario messaggio del Papa,  una clemenza meteorologica spaventosa, capace di regalare a Ravello e a chi ha assistito allo spettacolo, un clima da metà maggio, di tanto in tanto alleggerito e riportato nei contorni temporali e di temperatura giusti, soltanto da una corrente leggera. Resteranno i bambini, tanti, issati sulle spalle dei genitori, bellissime bandiere di tutte le lingue, che indicavano, sorridevano, scalciavano come al trotto per poter vedere di più. Il via vai di persone di ogni dove, mescolate al corteo, in fila per la posizione migliore, per lo scatto ed il video ricordo, per la preghiera finale e comune. Resteranno passione e fatica, volontà ed entusiasmo, gioia, stanchezza, unione. Perché, alla fine, vince la comunità, vincono gli intenti, le tradizioni e  la consapevolezza che le divergenze di intenti ed opinioni, sono assolutamente plausibili e cumulabili nel decorso fisiologico di un grande evento. Resta l’incanto: qualcosa a cui non ci si abitua mai del tutto, anche se si è a Ravello, e il gioco sembra sempre facile e quasi scontato, come se non ci si potesse mai aspettare di meno, solo di più.

Ed è così, ma la meraviglia e la sorpresa non vanno mai considerate scontate, prevedibili.

Lungo le strade, sui tombini, negli angoli meno visibili, magari c’è ancora quale “resto” di ieri, il segno- ombra di una torcia, l’orma di un passaggio, un capello di paglia sganciata dalle balle delineavano il percorso. Ma ognuno ha ripreso il proprio posto: via elmi e calzari, Giuda non è più Giuda,  Gesù  è l’ attore ormai disincastrato dal ruolo, e  i ladroni hanno smesso la tensione delle braccia legate sapientemente ai pali  impersona Crocifissione. Resta questo paese, straordinario ed unico, capace già di guardare avanti, fucina inarrestabile, di ipotizzare quello che sarà il prossimo anno, alla stessa ora, forse, con lo  stesso clima, si spera. E stessa passione: questo è certo.