I tagli alle Camere di Commercio peseranno sulle imprese: tutti i “numeri” sulle attività del sistema camerale

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Un risparmio medio per singola impresa di 5,2 euro al mese a fronte di 400 milioni di investimenti in meno per l’economia dei territori sulle voci export, credito, turismo, innovazione, formazione. Questi – secondo uno studio della CGIA di Mestre e di Unioncamere Veneto – gli effetti più evidenti del taglio al diritto annuale dovuto dalle aziende alle Camere di Commercio, per la tenuta del Registro delle imprese, contenuto nel “DL P.A.”. A questi effetti, vanno aggiunti gli oltre 2.500 posti di lavoro a rischio nell’ambito del sistema camerale e il possibile aggravio, per le casse dello Stato, di 167 milioni di euro per riassorbimento di personale (89), copertura degli oneri previdenziali attualmente versati dalle Cciaa della Sicilia (22) e minori versamenti, imposte e tasse (46).

Secondo l’indagine – condotta analizzando i bilanci di tutte le Camere di commercio italiane – gli enti camerali hanno svolto in questi anni di crisi la funzione di vero e proprio “salvagente” nei confronti delle piccole e medie imprese, anzitutto attraverso l’erogazione, nei confronti dei Confidi, dei fondi atti ad aumentare la disponibilità dei plafond a disposizione per il finanziamento dell’economia reale. Solo nel 2012 le Camere di Commercio hanno erogato 81,6 milioni di euro a sostegno del credito, senza contare che la legge di stabilità per il 2014 le impegna a versare 70 milioni al sistema dei Confidi.

Quanto all’efficienza del sistema camerale, l’indagine evidenzia come nel decennio 2003-2012 la variazione del personale delle Camere di Commercio in Italia sia stata del -11,9% (7.542 dipendenti al 2012), a fronte di una variazione complessiva della Pubblica amministrazione del -6,9%. Lo studio ricorda, inoltre, come nel variegato mondo del servizio pubblico le Camere di commercio possano vantare un indice di gradimento che supera l’80% espresso dalle aziende con meno di 50 dipendenti e, addirittura, il 90% per quelle che hanno un numero maggiore di addetti, come risulta da un’indagine ISPO recentemente commissionata dall’Istituto Tagliacarne.

Ricordando che l’incidenza del Sistema camerale sulla spesa pubblica nazionale rappresenta lo 0,2%, pari a 1,8 dei 715 miliardi di spesa pubblica primaria – la cui voce preponderante riguarda gli Enti previdenziali col 43,7% (le Province incidevano l’1,4%, le Regioni il 4,5%, le Amministrazioni centrali il 24,1%) – l’indagine evidenzia come le Camere di commercio siano gli enti pubblici con il più elevato livello di autofinanziamento.

Per ogni 100 euro di proventi correnti, 81 derivano da risorse proprie (diritto annuale, diritti di segreteria, proventi dalla gestione di beni e servizi) e solo 19 da risorse esterne come, ad esempio, i contributi Ue. Proprio per la partecipazione ai finanziamenti Ue e al processo di formazione del diritto europeo esistono i Consorzi Enterprise Europe Network.

Le risorse versate dalle imprese contribuiscono ad alimentare la dotazione del Fondo di perequazione delle Cciaa che nel 2012 era di 39,4 milioni di euro. Il fondo garantisce l’equilibrio economico alle Camere con un ridotto numero d’imprese, evitando così diseconomie di scala, e contribuisce al finanziamento di progetti camerali e linee progettuali contenute nell’accordo Ministero dello Sviluppo Economico-Unioncamere.