IL TERREMOTO IN CAMPANIA RICORDATO NEL LIBRO “CRATERE ’80. GIGLI TRA LE PIETRE” DI ANDREA PERCIATO E LUCIANO DINARDO.

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E’ una domenica come tante, quella del 23 novembre 1980. Una gioiosa domenica ricca di sole e con una temperatura mite, quasi primaverile: nulla lascia presagire…! Un giorno di festa votato allo svago, o al semplice piacere di stare in compagnia con tutta la famiglia, magari allungandosi fuori porta per una breve gita: nessuno può immaginare…!Vi è un bel passeggio nelle strade e nelle piazze delle città della Campania e della Lucania. In alcune case o nei bar alcuni tifosi guardano alla tv l’incontro di calcio Juve – Inter. Qualcuno è andato al cinema. Il sole giallo candido e con uno strano alone intorno è già calato all’orizzonte da circa tre ore e nelle strade aleggia un silenzio mai provato prima quando, improvvisamente, alle 19,34, un ronzio insistente scuote le fronde degli alberi, seguito da un profondo boato, uno spaventoso muggito che giunge dal sottosuolo e coglie tutti inaspettatamente. Un lungo tremolio percuote tutte le case, i palazzi più grossi oscillano paurosamente fin quasi a toccarsi; gronde, calcinacci, vetri delle finestre di alcuni fabbricati cominciano a staccarsi e a cadere al suolo; sembra non esserci rimedio all’immane forza che comprime e sbatte a destra e a manca. La gente, impazzita, comincia a correre in tutte le direzioni: si sentono urla di panico, di disperazione, di autentica paura, mai conosciuta prima. L’onda del terremoto, tra l’8° e il 9° grado della scala Mercalli (6,5 magnitudo scala Richter), attraversa il sottosuolo della Campania e della Basilicata: da Napoli, Avellino, Salerno, fino a Potenza. Saltano le linee telefoniche, la luce va via, si piomba nel buio. La gente, precipitatasi fuori dalle case, si ritrova in strada così come si trovava al momento della scossa, durata circa 60 secondi: in vestaglia, in pigiama, con le pantofole. Arriva il momento di contarsi, le famiglie cercano disperatamente di ritrovarsi:” I nostri cari dove sono? Sono riusciti a scappare, a mettersi in salvo? Ci si organizza a trascorrere la notte, cercando riparo nelle automobili, organizzando degli improvvisati bivacchi notturni. Nessuno riesce a chiudere occhio. E’ una notte di autentica angoscia, illuminata solo dalle luci dei lampeggianti e lacerata dalle sirene dei mezzi di soccorso”.

Comincia con la drammatica ricostruzione di ciò che avvenne la sera del 23 novembre dell’80 il libro “Cratere ’80. Gigli tra le pietre” scritto da Andrea Perciato, free – lance salernitano, guida ambientale professionista, uno tra i massimi esperti di Turismo Escursionistico e Ambientale in tutto il Mezzogiorno italiano che per quasi 40 anni ha vissuto l’esperienza dello scoutismo insieme all’altro autore del libro, il compianto Luciano Dinardo, che fin da fanciullo aveva frequentato il mondo dello scoutismo cattolico ed era considerato il massimo esperto di tutto ciò che è l’ambiente Vesuvio; volontario in Africa tra i lebbrosi e i malarici prestò soccorso come volontario nel terremoto del Friuli, nel 1976, e in quello dell’80 in Campania. Fotografo e disegnatore, è scomparso per un improvviso malore il 2 luglio del 2009. Nel libro, gli autori ricostruiscono accuratamente quando avvenne in quella tragica domenica sera e nei successivi giorni. “Questo libro non vuole assolutamente riacutizzare ferite mai sanate, non vuole affatto continuare a ledere i dolori privati delle migliaia di persone che lo hanno vissuto sulla propria pelle; non vuole essere quella banale iconografia di massa che a distanza di tempo si consuma con il dolore e la morte degli altri. Vuole essere soltanto un piccolo “contenitore” di emozioni vissute intensamente in prima persona e di alcune tra le più interessanti testimonianze sull’impegno offerto dai giovani volontari, in particolare dalla “Operazione Arcobaleno” gestita e coordinata dagli Scout e dalle Guide dell’A.G.E.S.C.I., unitamente ai tanti Capi scout di altri contingenti giunti da ogni parte d’Italia e dall’estero”, ha spiegato Andrea Perciato che insieme a Dinardo e a tante altre persone :” Davanti a quell’evento funesto seppero donare agli altri il proprio amore; lottare insieme agli altri per ridare dignità all’uomo abbattuto dalla forza del cataclisma” come scrive nella prefazione del libro, Francesco Innella. Tante le testimonianze di spontanea solidarietà, anche fotografiche, raccolte nel libro: quella del parroco di Calabritto, Don Ugo Gentile; di un Carabiniere di Laviano, che dopo aver scavato tra le macerie a mani nude, si precipitò fino ad Eboli per gridare: ”Fate presto…Laviano non esiste più”. Nel libro si racconta anche dell’amore sbocciato tra un volontario e una ragazza di Ricigliano, dell’opera instancabile degli Scout cattolici che, con il fazzolettone al collo erano impegnati a scavare tra le macerie per strappare una vita alla morte. Tra questi Andrea Perciato: “Crediamo che più di questa, nessun’altra tragedia potrà mai insegnare l’autentico senso della sofferenza umana, quel senso di vuoto e di impotenza che solo chi ha vissuto quegli attimi difficilmente potrà dimenticare. Solo chi ha perso qualcosa, quei tanti che hanno perso qualcuno, solo loro potranno essere gli artefici del recupero di una memoria storica e di un retaggio culturale che non devono andare assolutamente smarriti per nessuna ragione; tutto ciò non solo per ridursi ad una semplice rievocazione del drammatico evento, ma anche, e soprattutto, nel ricordo di coloro che oggi non sono più tra noi”.

Aniello Palumbo